Un interessante studio pubblicato sul Corriere della Sera, parla di un nuovo meccanismo di “reshoring”, di rientro dalle metropoli verso le periferie, messo in moto dal covid, che non riguarda solo le produzioni industriali, ma anche i cervelli.
Ci sono una serie di indizi inequivocabili. Piergiorgio Paladin, a capo di “Ideeeuropee”, nel Trevigiano, ha appena lanciato uno spazio di co-working per under 35 e ha ricevuto domande cinque volte superiori alle postazioni disponibili. E, più della metà dei candidati sono persone che vogliono rientrare in Veneto.
Roberto Rizzo, fondatore di The3group, gioiello high-tech, per la produzione di stampanti 3D, continua a ricevere centinaia di curricula e, dei suoi 200 addetti, di età media attorno ai trent’anni, il 55% è laureato. Vogliono tornare da grandi città come Milano, Torino, Roma, ma anche dall’estero.
Il Nordest sta riconquistando attrattività, nonostante l’ultimo rapporto della Fondazione Migrantes collochi il Veneto al quarto posto, dopo Molise, Campania e Calabria, per numero di partenze verso l’estero, senza contare quelle verso altre regioni, Lombardia in primis, ma anche verso “l’emergente” Emilia Romagna.
Questa nuova tendenza è stata sicuramente facilitata dalle nuove tecnologie e dallo smart working, che ha smaterializzato il luogo di lavoro, ed è stata messa in moto dall’emergenza virus, che sparigliando le carte, ha fatto apparire il Veneto molto più sicuro di tanti altri posti, dal punto di vista sanitario.
Un’indagine recente del Centro Studi PwC mostra che il 20% di chi è partito, sta seriamente pensando di ritornare. Così, Mariano Corso dell’osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, sostiene che per il Veneto “si stanno aprendo scenari completamente nuovi. E, il cambiamento di orizzonti messo in piedi dalla pandemia, va assolutamente cavalcato”.
Il sociologo Aldo Bonomi si spinge addirittura a dire che ci sono buone possibilità di ripopolare l’Appennino e le Alpi. Così, cogliendo la palla al balzo, Roberto Padrin, presidente della Provincia di Belluno, ribadisce di aver già presentato al Ministro Francesco Boccia un progetto contro lo spopolamento delle montagne.
C’è sempre più gente che ha voglia di aria pulita, di verde, di montagna, “ma ci vogliono strade e ferrovie, la banda ultralarga, scuole e servizi. Ci vogliono fatti, non parole”.
Perché se si vuole che il rientro dei giovani diventi un fenomeno strutturale, occorre mettere in campo una serie di politiche ed iniziative, in grado di aumentare l’appeal del territorio.
Enrico di Pasquale della Fondazione Moressa, sostiene che bisogna puntare su innovazione, qualità dell’offerta lavorativa e aumento delle retribuzioni, che nella nostra Regione sono tra le più basse del Nord Italia. Il capitale umano sarà, a detta di tutti gli economisti, il fattore decisivo della ripresa post-pandemia.