Dieci anni fa la Commissione Europea si era posta l’obiettivo di portare, entro il 2020, la banda larga ultraveloce al 50% delle famiglie europee, ma l’Italia aveva voluto fare ancora meglio, stabilendo di voler arrivare all’85%.
Oggi i fatti ci dicono che, a livello nazionale, la copertura ha raggiunto solo il 36,8% e che in Veneto, la situazione è ancora più critica, con una percentuale che si aggira attorno al 26%, anche se la situazione varia, e anche di molto tra le diverse province.
Siamo al quattordicesimo posto, delle venti regioni italiane. E allora ci chiediamo come sia possibile, come sia potuto accadere. La nostra Regione con Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte è una delle più sviluppate, una di quelle che trainano l’economia del Paese.
Durante il lungo periodo del lockdown, anche i meno avvezzi alla tecnologia, hanno capito l’importanza di poter lavorare in “smart working”, della didattica a distanza, delle lezioni in streaming.
Non a caso il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’altro giorno, inaugurando il nuovo anno scolastico a Vo’ Euganeo ha affermato che “dobbiamo evitare che il divario digitale diventi una frattura incolmabile“.
Nell’ottobre 2019, l’avvocatura civica della Regione ha inviato una diffida al Mise, con il duplice obiettivo di sollecitare il completamento dei lavori e di sollevare da qualunque responsabilità economica, Palazzo Balbi. Una nuova lettera di sollecito è stata inviata lo scorso 25 agosto. Ci sono le firme, ci sono i soldi, mai cantieri non procedono. Perché?
Dal Governo non arrivano risposte e la situazione diventa ogni giorno più frustrante.