L’assessore veneto al Turismo, Federico Caner, ricorda inoltre l’impegno per il rinnovamento delle strutture: “Nell’ultimo bando, ad esempio, abbiamo programmato finanziamenti fino a 4 milioni di euro per nuovi impianti, anche in sostituzione di quelli esistenti”. Il controllo sulla sicurezza spetta allo Stato, l’autorità di sorveglianza, Ustif, è un ramo del ministero delle Infrastrutture e neanche da quella sponda “sono mai giunte segnalazioni di situazioni di difficoltà”, conclude Caner.
Gli impianti a fune sono sottoposti a controlli periodici, tra i quali una revisione speciale ogni cinque anni e poi quella generale, fissata dopo 15 o 20 anni dall’entrata in funzione. A queste vanno aggiunte le «scadenze di vita», che variano a seconda del tipo di struttura: sessant’anni per le funivie, quaranta per seggiovie e cabinovie, trenta per le sciovie.
Causa Covid, a marzo 2020, il decreto Cura Italia ha concesso la «Proroga dei termini degli adempimenti tecnici e amministrativi relativi agli impianti a fune», la richiesta arrivava dai gestori, strattonati dalle costosissime verifiche da un lato e dal fatto che le strutture fosse chiuse causa Covid dall’altro.
Rodolfo Cecconi, ingegnere funiviario attivo in tutto l’arco alpino spiega che: “Per buona abitudine tecnica, in tutti gli impianti che sono stati fermi anche per uno o due mesi, credo che prima di riaprire al pubblico si facciano i controlli sull’efficienza di tutti i sistemi”.