Quest’anno la questione meteorologica sta investendo tutto il Veneto: nel Bellunese per esempio, gli anziani dei diversi paesi, non ricordavano nevicate così abbondanti e piogge tanto frequenti da almeno trent’anni.
E anche per Venezia questo è considerato un inverno anomalo, perché contrariamente a quanto accade di solito nel periodo post-natalizio, quando i fenomeni atmosferici si attenuano, per l’arrivo di strutture anticicloniche e dell’alta pressione, che favoriscono le basse maree, l’anticiclone non riesce ad entrare e ad installarsi.
I due anticicloni, quello delle Azzorre e quello africano sono stati bloccati dal continuo fluire di aria fredda e umida dall’Oceano Atlantico e, questo inevitabilmente si è ripercosso sulle maree e sulla città.
Così gennaio, che un tempo era considerato “il mese delle secche”, quest’anno è stato “umido” come non mai, uno stillicidio di acque alte. Dallo scorso ottobre ci sono state una trentina di maree attorno agli 80 centimetri e ben 15, sopra 110 centimetri, con un record di 138 centimetri proprio in quel giorno di dicembre, in cui qualcuno scelse di non alzare le paratoie del Mose, lasciando Venezia ancora una volta in balia dell’acqua.
Per capire la gravità della situazione, già ad 80/90 centimetri, in Piazza San Marco, cominciano a formarsi le prime pozzanghere e, per questo, Carlo Alberto Tesserin, primo Procuratore della Basilica, continua a ripetere che anche in questo periodo, di apparente tranquillità, “l’acqua salata continua ad entrare ogni giorno, danneggiando marmi, colonne e i preziosi mosaici”.
E, che il periodo sia anomalo, lo conferma anche il direttore del Centro Maree del comune di Venezia, Alvise Papa, che specifica che, “abbiamo avuto dieci giorni di bel tempo nella fase della quadratura e, poi di brutto tempo sulla sizigia, quando la marea astronomica è più alta” e questo non è stato d’aiuto. Poi ci sono i singoli fenomeni locali, per improvvise ed impreviste raffiche di vento.
Comunque, come ha spiegato Pierpaolo Campostrini, direttore del Consorzio Universitario per le Ricerche sulla Laguna, “il Mose è come una Ferrari, ha grandissime potenzialità, bisogna solo imparare a guidarlo meglio, cercando di comprendere i fenomeni e gli effetti sull’idrodinamica”.