“L’ambasciata degli Emirati Arabi Uniti verrà aperta nello Stato d’Israele”. Le parole pronunciate dall’emiro di Dubai e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti (EAU), Mohammed bin Rashid al-Maktum, rappresentano una nuova, svolta storica nei rapporti tra mondo arabo ed ebrei.
Addio all’ “entità sionista” e ai giochi di parole per evitare di dare legittimità allo stato ebraico. I ricchissimi emirati della penisola arabica, dopo l’Egitto e la Giordania, diventano il terzo paese del mondo arabo ad inviare un proprio rappresentante diplomatico ad Israele, inaugurando così un nuovo corso fatto di rapporti diplomatici, commerciali ed economici.
La decisione arriva come diretta conseguenza dell’accordo Abraham; fortemente voluto dall’ex presidente Trump e che mira a rinsaldare i rapporti tra Israele e alcuni stati musulmani (con particolare focus sulle monarchie del Golfo, con le quali Tel-Aviv ha, storicamente, difficili rapporti; almeno a livello ufficiale).
I nuovi passi in avanti compiuti assieme da Emirati e Israele aprono quindi nuove sinergie tra i due Paesi. Dopo il primo, storico volo Tel-Aviv – Abu Dhabi dello scorso autunno, ora i voli civili saranno 28 alla settimana. Grande beneficio ne trarrà poi, naturalmente, l’interscambio commerciale: secondo fonti locali, questo potrebbe raggiungere presto la ragguardevole cifra di 5 miliardi di dollari. Un grande contributo in tal senso potrebbe venire anche dalla fornitura di greggio da parte degli EAU verso l’Europa; tramite un oleodotto che attraverserebbe Israele, con notevoli proventi per lo stato ebraico. I dettagli dell’operazione non sono stati ancora svelati, ma a fare la parte del leone sarebbe una società i cui proprietari sono emiratini ed israeliani, la MED-RED Land Bridge.
L’accordo Abraham sta imprimendo una svolta sui difficili rapporti tra mondo arabo e stato ebraico a seguito della formazione di quest’ultimo, nel 1948, e delle guerre che ne sono seguite negli anni a venire. L’Accordo prevede normalizzazione dei rapporti attraverso il riconoscimento dello stato di Israele e l’avvio di regolari relazioni economiche e diplomatiche. A partecipare all’Accordo sono stati, finora, EAU, Bahrein, Marocco, Sudan e Bhutan.
A fronte di alcuni entusiasmi, rimane però il grande scetticismo da parte palestinese; che vede il patto come “una pugnalata alla schiena” alle decennali aspirazioni di poter dar vita ad uno stato palestinese dotato di piena sovranità e legittimità internazionale.
Federico Kapnist