Il Sahel, area dell’Africa subsahariana vittima di crescenti rivalità etnico-religiose, è al centro dell’agenda di politica estera del nostro Paese.
Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, dopo aver visitato il Mali l’8 aprile scorso, nei giorni scorsi si è recato in visita anche nel Niger. Lì, ha incontrato gli uomini della MISIN: la Missione Bilaterale di Supporto in Niger. Lanciata nel 2017 da Italia e Francia, con lo scopo di incrementare la stabilità e la sicurezza della regione, coinvolge direttamente anche i membri del G5 Sahel: Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad.
L’area è particolarmente instabile da quando, nel 2012, una rivolta di matrice fondamentalista ha infiammato la regione occupando il Nord del Mali ed espandendo la sua scia di morte nei paesi limitrofi. Il Sahel non è però solo una fucina di pericolosi estremisti islamici (tra cui si annoverano al-Qaeda, ISIS e Boko Haram), bensì è strategico anche per il traffico di droga e di esseri umani. Le rotte che partono dall’Africa equatoriale, sono infatti sfruttate dalle bande criminali che operano in loco per trarne profitto.
L’Italia segue da anni l’evoluzione degli scenari socio-politici nell’area; e nel 2017 ha inaugurato una sua ambasciata nel Niger. Definito “partner prioritario” dal Numero 1 della Farnesina in virtù della sua posizione strategica (il Niger confina infatti con Libia ed Algeria a Nord, e con la Nigeria a Sud).
Il nostro ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ha poi annunciato come a breve sarà aperta in Niger una base militare italiana; con lo scopo di rafforzare la nostra presenza e di scardinare, insieme agli alleati occidentali, fondamentalismo islamico e rotte dell’immigrazione.
Federico Kapnist
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