Ecco come si riscrive il futuro di un territorio: questa progettazione è stata alla base del lavoro che per un semestre ha impegnato 60 studenti del corso di laurea magistrale in Design del prodotto e della comunicazione visiva di Iuav. Dall’ex-assessore Mara Rumiz alla storica e scrittrice Tiziana Plebani, passando per gli abitanti del quartiere di Santa Marta, gli studenti hanno delineato 15 progetti ascoltando chi vive quella zona della città.
“Si vedono finestre serrate alzando lo sguardo, ma sono i panni stesi ad asciugare la prima cosa che colpisce: è una zona che vuole rimanere viva – scrivono gli studenti Di Carlo, Patellaro, Pilon e Stanghellini per «De novo», progetto in cui si vuole creare uno spazio per artisti che dia vita a interae zioni con gli abitanti –. Una scrittrice, un fotografo, un artigiano e una coppia di teatranti ci hanno svelato la loro storia: abbiamo deciso di condividere questo racconto di farne il primo di una serie, attraverso cui ogni abitante di Santa Marta possa rivelarsi”.
«Santa Marta: qualcosa che merita» è il laboratorio all’origine dei progetti, coordinato dalle docenti Raffaella Fagnoni e Paola Fortuna, con la collaborazione di Damiano Fraccaro. Le idee dei giovani designer sono nate dall’osservazione dell’esistente e dalla memoria di chi lì ha sempre vissuto.
«Spiaja» vorrebbe restituire metaforicamente la storica spiaggia, «I Lumi di S. Marta» rievocare la tradizione della festa dei Luni trasformando il muro del quartiere in uno spazio espositivo partecipato e ancora « Ca’mpo » per un sistema che coniughi orti e arredi urbani. “La realtà in cui viviamo ci sottopone ad un numero altissimo di variabili di tempo , di spazio, di relazioni – commenta Fagnoni – qui dobbiamo agire cercando un equilibrio” .
A detta del rettore Alberto Ferlenga questi progetti avranno il loro spazio per sbocciare: “Ci stiamo attivando con alcuni possibili sponsor, per esempio per il mercato basato sul baratto”. Il laboratorio è solo una parte del progetto che vede al centro Santa Marta: “Il processo di riqualificazione è iniziato quando si sono insediate le università, poi con lo studentato si è accentuato e si sono riattivate tutte una serie di presenze commerciali e non – continua Ferlenga –. Ora stiamo mappando la zona con scanner che restituiscono e digitalizzando la forma e le piante dell’esistente: è importante capire come si è trasformato il patrimonio. Guardiamo per esempio al campetto sportivo, stiamo operando perché sia utilizzato anche in modo più aperto da cittadinanza e studenti”.
Grazie al funzionamento del Mose, per esempio, ora i piani terra potrebbero avere un nuovo appeal e diventare sede di attività, magari start-up. “Vorremmo legare la rigenerazione a operazioni relative al design – conclude – in molte città ci sono i design district: Venezia si potrebbe prestare a parte del processo”.