Il Piave, anzi la cassa di espansione sul Piave, è al centro delle polemiche che stanno dividendo i cittadini e non solo. In questo tutti contro tutti, due sono protagonisti indiscussi: Marianella Tormena, sindaco al suo secondo mandato nel piccolo Comune trevigiano di Crocetta del Montello, 6.033 abitanti alla destra del fiume sacro alla Patria, e Gianpaolo Bottacin, assessore regionale all’Ambiente e alla Protezione civile, ex presidente della Provincia di Belluno. Peccato che entrambi siano della Lega e seguano lo stesso capitano, Zaia. Una lotta interna che era tempo non si vedeva.
Al centro della disputa c’è la cassa di espansione che la Regione intende costruire sulle Grave di Ciano, un’area disabitata che oggi è protetta come parco naturale; 500 ettari di pura sabbia e ghiaia, un terzo del territorio di Crocetta. “Si tratta di un progetto molto invasivo – spiega il sindaco Tormena – una cassa nell’alveo del fiume, non sui campi, che dovrebbe contenere in caso di piena 40 milioni di metri cubi d’acqua, realizzata là dove il Piave si piega andando a sbattere contro il Montello”.
Che l’investimento sia importante lo testimonia il budget: 53 milioni di euro (occorrono 1,6 milioni solo per la progettazione, già finanziata nel 2016 dal ministero dell’Ambiente). Ciano diventerebbe così la seconda cassa più grande del Veneto dopo Montebello, nel Vicentino.
La questione si riassume così: la grande opera non piace alla comunità, ma è utile per la collettività eallora i cittadini chiedono che si faccia altrove, si parlava del Comune di Ponte di Piave, ma questa è un’altra storia.
Nel 2010, quando sul Veneto si abbatte l’alluvione e il rischio idrogeologico diventa la massima priorità, tutto cambia. Nel 2011 Zaia, in veste di commissario del governo per l’emergenza, firma un nuovo documento, il «Piano degli interventi di mitigazione»: a redigerlo è l’Autorità di bacino, coadiuvata da un comitato tecnico scientifico.
Luigi D’Alpaos, autore del mastodontico piano post alluvione da 3,2 miliardi che ne porta il nome sulla decisione di intervenire con priorità a Ciano spiegava: “In campo scientifico non c’è spazio per i sentimentalismi e men che meno per la politica l’unica verità è quella sostenuta dai numeri e i numeri dicono che la cassa è meglio farla a Ciano piuttosto che a Ponte. Per un motivo ovvio: più a monte si fa la cassa, più Comuni si salvano a valle. Si dà priorità ai cantieri che salvano il maggior numero di vite umane, poi si procede con gli altri”.
Ma Tormena si mette di traverso: “Il Piano stralcio parlava delle casse come dell’ultima delle cose da fare. Prima si dovevano pulire la foce e i laghi a monte e nulla è stato fatto. E diceva di costruire la prima delle quattro casse a Ponte di Piave, dove in effetti il fiume ruppe nel 1966. Lo stesso Piano degli interventi firmato da Zaia rinvia in una nota al Piano stralcio per le priorità, quindi perché ora si vuol partire a tutti i costi da Ciano?”.
Per il sindaco “fermare il Piave vicino al Montello, che è carsico, è una follia, perché in un sol colpo si perderebbe il 43% degli ambiti fluviali del Veneto e perché in caso di esondazione si metterebbero a rischio tutti i Comuni della Sinistra Piave”.
Bottacin interviene spiegando che: “Io so che lungo l’asta del fiume, da Sappada al mare, rischiano la vita 100 mila persone. So che nei giorni della tempesta Vaia, a fine ottobre 2018, se avesse piovuto mezz’ora in più il fiume sarebbe esondato. So che ci sono sindaci e sottosegretari all’Ambiente che mi mandano diffide ad intervenire. E so che studiosi di primordine dicono numeri alla mano che la cassa si deve fare prima a Ciano e poi a Ponte, perché si dovrà fare anche lì, non è stata cancellata. Quella di Ciano non basta”.