Chissà cosa realmente voleva dire Thierry Breton, Commissario al Mercato Interno della UE, quando, con sprezzo e orgoglio, ha affermato che l’Unione Europea non aveva bisogno dello Sputnik V.
Di chi faceva realmente gli interessi, ha chiesto allora provocatoriamente il presidente russo Vladimir Putin? Dei cittadini che annaspano nel caos dei ritardi e delle mancate consegne, con ricadute devastanti in termini di chiusure e restrizioni, o delle compagnie farmaceutiche “buone” e occidentali che non vogliono i “cattivi” russi a rompere le uova nel ricco paniere dei vaccini?
La Federazione Russa, ancora il 21 gennaio scorso, ha presentato regolare domanda all’EMA (Agenzia Europea per il Farmaco) per ammettere il farmaco messo a punto dal Gemaleya Institute. Il processo di approvazione è iniziato però solo il 4 marzo. Nel mentre, Ungheria e San Marino hanno deciso di arrangiarsi; l’Italia si è resa disponibile ad offrire degli stabilimenti per produrlo e la Germania, qualora l’EMA desse il suo benestare, ha dato il suo ok. Proprio quando i primi Paesi importanti dell’UE aprivano alla Russia, l’uscita del Commissario Breton. Coincidenze? Chissà.
Certo è che anche nei confronti del vaccino AstraZeneca, le polemiche sono state strane e rilevanti. Il sospetto della montatura ad hoc da parte della UE contro la casa anglo-svedese si fa strada: una rivalsa contro gli inglesi – freschi di uscita dall’Unione e con accordi importanti ancora da definire – e gli svedesi – bollati come “negazionisti” per non aver ceduto al lockdown? Il dubbio, resta. In fin dei conti, l’osannato vaccino Pfizer, nel silenzio più totale, ha comportato come AstraZeneca migliaia di reazioni avverse e centinaia di morti (seppur non collegate, certo; allo stesso modo di AstraZeneca, però).
La (geo)politica la fa ovviamente da padrone anche in un tema delicato come quello dei vaccini e quindi della salute delle persone. Le rivalità intra-UE e quelle di più ampio peso mondiale, quale quella USA-Russia, hanno un peso specifico enorme che travalica qualsiasi emergenza sanitaria.
I russofobi più duri e oltranzisti, vedono nell’acquisto dello Sputnik un versamento di denaro dritto dritto a Putin e alle sue ambizioni militariste; comprarlo, in altri termini, vorrebbe dire finanziare l’imminente invasione russa dell’Europa (sic). Per i russofobi moderati, invece, si tratterebbe in ogni caso di darla vinta allo Zar; riconoscendo così l’efficienza russa nel campo della chimica e premiare i progetti, legittimi e inoffensivi, di soft-power portati avanti da Mosca.
Che poi assegnare questa vittoria alla Russia significhi salvare delle vite ed uscire il prima possibile dall’incubo, sembra purtroppo essere secondario.
Federico Kapnist