Un altro incidente legato alla pesca in Libia; un’altra dimostrazione della spregiudicatezza adottata dai libici nei confronti degli italiani e dell’inerzia, per non dire della mollezza, che caratterizza la nostra presenza nel mare sottostante la Sicilia.
Nelle acque che la Libia si è arbitrariamente intestata – dichiarandole zone di sua pesca esclusiva nonostante siano ben oltre le 12 miglia, addirittura a 65 dalle sue coste – il peschereccio “Aliseo” è stato attaccato tre notti fa, dalla guardia costiera di Tripoli, a colpi di mitra. Ferito il comandante della nave, Francesco Giacalone. Insieme a lui, l’orgoglio di una nazione; che si vede un’altra volta umiliata da una non-potenza mediterranea, la Libia, mai osteggiata nel “ratto” delle acque e mai punita per le violenze contro i nostri pescatori.
Dietro questo nuovo, tragico gesto, che avrebbe potuto avere risvolti ben peggiori, impossibile non scorgere l’ombra del sultano Erdogan. Recentemente “insultato” dal nostro premier Draghi ed evidentemente desideroso di ricordare, a Roma, come sia lui il nuovo signorotto della Tripolitania. Le acque territoriali della Libia occidentale, del resto, sono ormai cosa turca; ennesima dimostrazione di come saper usare le armi faccia capire chi va rispettato e chi, invece, può venire continuamente sbeffeggiato.
Federico Kapnist