A Milano, sabato scorso, in piazza Duomo, 500 bauli erano schierati in perfetto ordine, una protesta silenziosa, capeggiata dallo striscione “Un unico settore, un unico futuro”: così hanno manifestato gli operatori dello spettacolo, in rappresentanza di 750mila artisti, tecnici, organizzatori, tutti vestiti di nero.
Questa è l’ennesima denuncia sollevata da chi di questo mestiere ci vive, per portare l’attenzione sulla crisi in cui versa il mondo degli spettacoli, del teatro, della musica e del cinema dallo scoppio della pandemia.
Prima teatri e luoghi di spettacolo chiusi in fretta a furia a causa del virus, poi aperture che hanno privilegiato altri settori, ma non quelli degli spettacoli, in particolare dal vivo, poi sale a capienza ridotta e migliaia di lavoratori in cassa integrazione, che non sanno più che ne sarà del loro futuro.
E così come il loro futuro, quei bauli, che un tempo erano pieni di oggetti per allestire gli spettacoli, adesso sono vuoti, e non si sa per quanto tempo sarà ancora così.
La richiesta che le varie maestranze fanno al governo è solo una: che si facciano carico di stabilire nuove regole che rendano sostenibili, anche a livello economico, la ripartenza di eventi, spettacoli e fiere.
Ma forse a Roma sono sordi a queste sollecitazioni, e con il nuovo Dpcm, atteso in giornata, si sta pensando ad una nuova stretta, che andrà a penalizzare proprio quei settori che una vera ripartenza non l’hanno ancora avuta.