Nella storia delle mostre di Palazzo Roncale, non si era mai registrato un successo come quello de “La Quercia di Dante”, nonostante la lunga chiusura imposta dalla pandemia e tutta una serie di regole per il distanziamento, che certo non hanno incentivato le visite. Dopo l’avvio nel febbraio 2020, la mostra si è conclusa domenica scorsa.
Organizzata nell’ambito delle celebrazioni per il settimo centenario dalla morte di Dante, dalla Fondazione Cariparo, come omaggio al Sommo Poeta attraverso una raccolta di illustrazioni dell’Inferno della Divina Commedia, si è rivelata uno straordinario successo, raggiungendo il ragguardevole numero di 22mila visitatori.
La quercia richiamata nel titolo è quella che secondo la tradizione avrebbe aiutato Dante a salvarsi nell’estate del 1321. La storia infatti narra che il Poeta fosse nel Delta del Po e che si fosse perso in una selva oscura, non allegorica, un vero e proprio bosco fitto di rovi, rami intricati e acquitrini e che per salvarsi e ritrovare la dritta via, si fosse arrampicato su questa enorme quercia, albero provvidenziale, che sempre secondo la tradizione, sarebbe stato un esemplare secolare di Quercus Robus, che dominava l’argine del Po di Goro, nei pressi di San Basilio e, per questo detta “La Gran Rovra di San Basilio”.
E se il suo primo perdersi allegorico era stato lo spunto per l’incipit del suo capolavoro, lo smarrimento della retta via nel Delta del Po è stato l’ispirazione per un articolato progetto culturale, a 700 anni dalla sua morte.
Tre artisti, tre nazionalità e tre epoche diverse, alle cui opere è stato affidato il compito di evocare il prologo e i 33 canti della discesa nelle viscere della terra: Gustave Doré, francese vissuto nell’ottocento; Robert Rauschenberg, americano, 1925-2008 e la tedesca Brigitte Brand, contemporanea. Un artista per ognuno degli ultimi tre secoli, con diverse sensibilità, interpretazioni e tecniche.
La Quercia di Dante ha suscitato un successo veramente importante.