Ahi, poveri inglesi. Sconfitti nel modo più doloroso – all’ultimo e in casa propria – dopo aver accarezzato l’idea di poter finalmente vincere un trofeo prestigioso con la loro Nazionale. Dopo l’unico, lontano successo del ’66.
Umiliati e toccati nel profondo; così tanto da vedere i giocatori togliersi la medaglia d’argento (tristissima, e che poco o nulla ha a che vedere con la sua omologa in altri sport) e il pubblico negare l’onore delle armi agli Azzurri, abbandonando lo stadio prima della premiazione.
Una sconfitta cocente per chi si sente, sempre e comunque, padrone del mondo. Per chi sa che il novello esperanto, cioè la lingua universale che rende possibile comunicare tra (quasi) tutti i popoli del mondo, è la sua madre lingua. Per chi sa che nell’età moderna, il suo Paese ha spadroneggiato in tutto il mondo; costruendo il più grande impero coloniale grazie ad una flotta che ha mantenuto un’incontrastata supremazia per circa quattro secoli. Per chi sa, infine, che il calcio è nato, o almeno si è sviluppato, all’interno dei suoi confini.
“It’s coming home” cantavano, fino alla nausea, i tifosi inglesi. Come a dire che la supremazia nel gioco del calcio tornava dove le compete. Peccato che fingessero di ricordare come la loro Nazionale, storicamente, sia una squadra di seconda fascia. A tratti temuta, talvolta pericolosa, spesso affascinante, ok; ma pur sempre un gradino sotto alle grandi del calcio mondiale (Italia, Brasile, Germania). E forse, a dirla tutta, sotto anche a quelle un po’ meno grandi (Argentina, Spagna, Francia).
Ecco, questi “poveri” inglesi, sembrano esser schiavi di una supremazia che se nel calcio non è mai esistita, nella scena politica internazionale oggi è sparita. E sembra che facciano fatica ad accettarlo. Londra, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi, non è più signora dei mari, non è più padrona di mezzo mondo e non è più imperatrice delle Indie. E nel calcio, almeno quello dei grandi tornei per nazionali, continua a contare poco o niente.
La Brexit qui non c’entra nulla; il torneo è continentale (pure troppo, includendo Paesi lontanissimi come Israele, Azerbaigian, Armenia, Kazakistan e altri) e non dell’UE. L’Inghilterra avrà sempre diritto a giocarlo e a vincerlo, come tutti gli altri.
Ma volendo essere realisti, un po’ di umiltà in più e un po’ di spocchia in meno, faranno molto comodo negli anni a venire.
Federico Kapnist