Il 20 e 21 settembre si voterà per le elezioni regionali in Veneto che diciamolo, non hanno avuto una vera a propria campagna elettorale e, ancor prima che si conoscessero i nomi degli sfidanti, la riconferma di Zaia era data per cosa fatta. Sarà per questo che in Regione non c’è stato un vero confronto, ma più che altro un “one man show”.
I candidati in Veneto sono in tutto 9, eppure presto il confronto si è polarizzato tra Zaia (Lega) e Arturo Lorenzoni (Pd) e ci si è dimenticati di tutti gli altri: Enrico Cappelletti (M5s), Daniela Sbrollini (Italia Viva), Paolo Girotto (Movimento 3V), Paolo Benvegnù (Solidarietà Ambiente Lavoro), Patrizia Bertelle (Italia in Comune), Antonio Guadagnini (Partito dei Veneti) e Simonetta Rubinato (Veneto Rubinato).
Tra l’altro, dopo che Lorenzoni è stato trovato positivo al Covid, la corsa di Zaia è diventata una passeggiata solitaria senza grandi scossoni. Tra i candidati sono mancati incisivi confronti a distanza sui temi, sulle proposte e sulle sfide da affrontare per il futuro, insomma ognuno pensava a sé senza preoccuparsi degli altri.
Il risultato che uscirà dalle urne sembra quindi scontato con Zaia vincitore assoluto, la cui lista personale è data addirittura in vantaggio su quella del suo partito, la Lega.
In Veneto si vota con una legge elettorale del 2012, modificata in parte nel maggio 2018. Il provvedimento, ribattezzato “Zaiatellum”, è un sistema di voto proporzionale che prevede l’assegnazione di un premio di maggioranza: se un candidato ottiene più del 40% dei voti, gli viene attribuito il 60% dei 50 seggi in totale.
Per accedere alla ripartizione dei seggi, una coalizione deve superare la soglia di sbarramento del 5% dei voti, mentre per le liste singole l’asticella è fissata al 3%. È stato eliminato inoltre il vincolo dei due mandati per i consiglieri regionali.
L.M.