L’Associazione degli industriali del settore della calzatura aderenti a Confindustria, Assocalzaturifici, ha diffuso nei giorni scorsi i dati relativi all’export 2020. In generale, le imprese venete hanno subito un crollo delle esportazioni pari all’11%, rispetto al 2019, che in valori assoluti, sta a significare perdite per oltre 300 milioni, attestando i ricavi 2020 a 2,44 miliardi, dati che fanno retrocedere il Veneto di cinque anni, sui valori del 2015.
Le province più colpite dalla crisi indotta dalla pandemia sono state Padova e Venezia, la zona del cosiddetto distretto del lusso della Riviera del Brenta, dove la flessione è stata di quasi il 30%, mentre nel Trevigiano, nel distretto di Montebelluna, si è attestata a meno 14%. Più fortunate le province di Verona e Vicenza, dove l’analisi delle esportazioni, che però contempla anche il segmento “parti di calzature”, ha rilevato invece un aumento del 3,4% su Verona e del 25,8% su Vicenza.
I dati relativi alla contrazione dell’export sono in linea con la riduzione del numero di aziende, 36 e di addetti, 400, registrati nello stesso periodo da Infocamere-Movimprese. Inoltre, va segnalato che la curva negativa, relativa al giro d’affari internazionale, è andata attenuandosi verso la parte conclusiva dell’anno, attestandosi ad un meno 3,6% nell’ultimo trimestre.
Il presidente di Assocalzaturifici, il padovano Siro Badon ha commentato i dati, ponendo l’accento “anche sul drastico calo dei consumi delle famiglie italiane” e aggiungendo che “la crescita a doppia cifra del canale online, non riesce comunque a tamponare il crollo dello shopping dei turisti, soprattutto per il comparto del lusso”.
Il presidente dell’Associazione calzaturieri della Riviera del Brenta, Acrib, Gilberto Ballin parla invece di “situazione molto complessa” per il crollo registrato nei principali mercati di destinazione di un certo tipo di export, come Regno Unito, sceso di oltre il 50%; Spagna -34,8%; Germania -29,1%; Francia, scesa del 27,9%.
Molto meglio invece altri mercati come quello statunitense, che ha registrato un +32,2%, così come quello cinese, + 30,9% o ancora gli Emirati Arabi, con +27,7%. Nessuno ancora se la sente di sbilanciarsi sulle prospettive future, che in linea di massima rimangono avvolte dall’incertezza.