La scuola italiana da oggi ritorna, tranne poche eccezioni, alla didattica a distanza, ad un anno dal lockdown del 4 marzo scorso: 6,9 milioni gli studenti da stamattina saranno costretti a seguire le lezioni in dad, otto su dieci, l’81% degli 8,5 milioni di alunni iscritti nelle scuole statali e paritarie.
L’incremento è concentrato soprattutto in tre Regioni: Lazio, Veneto e Piemonte. Il quadro non è omogeneo sul territorio: il virus costringe a casa infatti il 95% degli studenti del nord e meno di due su tre nel mezzogiorno. Al centro ci si attesta sulla media nazionale di 8 su 10. Proteste sono state organizzate in questi giorni, e lo saranno anche oggi, da Comitati di genitori e di studenti in diverse città italiane.
“La Dad è il fallimento della politica, che ormai ha perso ogni credibilità e autorevolezza. Un anno dopo non siamo al punto di prima, siamo messi peggio: studenti, genitori e insegnanti sono sull’orlo di una crisi di nervi, il clima è esasperato”, queste le parole di Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione (Fratelli d’Italia) intervistata dal Corriere.
“I ragazzi non possono fare lezione in classe, ma neppure socializzare, fare sport, teatro, musica, volontariato. E se non si fa, si perde la voglia di fare. Anche per gli insegnanti sono giorni difficili, costretti come sono a continui cambi di direzione”, spiega l’assessore, che dei numeri dei contagi a scuola dice: “Dal 7 gennaio al 9 marzo, ultimo report disponibile, gli studenti positivi sono stati 2.851 su oltre 600 mila; i docenti 370 su 95 mila. Il 9 marzo gli studenti positivi erano 1.594, gli insegnanti 203. I numeri ci dicono che la scuola è un luogo sicuro, dove le regole vengono rispettate“.
Della politica la Donazzan dice che “non ha mai avuto un vero piano per la scuola. Dopo un anno come si fa a parlare ancora di “emergenza”? Gli istituti sono stati chiusi a febbraio 2020; le linee guida per l’organizzazione degli spazi, così da evitare assembramenti nelle classi pollaio, sono arrivate a luglio. Il piano per i trasporti addirittura a dicembre e solo grazie al lavoro enorme svolto dalla Regione tra mille stop & go, come quello relativo al coinvolgimento dei prefetti”.
Del rapporto con il nuovo ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi dice che c’è “reciproca stima, è una persona intelligente che a differenza di Azzolina si è subito messo all’ascolto dei territori. Ma è evidente che nell’esecutivo, dove la voce di chi fu all’opposizione e oggi è in maggioranza suona piuttosto flebile, c’è un ministro che conta più di tutti gli altri ed è quello della Salute, Speranza. Lui riferisce direttamente a Draghi, che l’ha voluto e confermato”.
Speranza dice che il suo faro sono gli scienziati.
Le previsioni dell’assessore non sono certo rosee: “In Italia l’8% dei bambini è escluso dalla Dad, sono dati del ministero; il 23% dei disabili ha visto peggiorare drammaticamente la sua situazione; assisteremo tra 2020 e 2021 ad un aumento della dispersione scolastica, che nel 2019 era già al 14,5%”. Inoltre con la pandemia e il lockdown sono aumentati del 30% i disturbi alimentari e oggi ricorre la Giornata nazionale del fiocchetto lilla per la prevenzione.
L’assessore ci tiene a sottolineare che si sta intervendo sul “tema, gigantesco, del disagio giovanile, che cresce, su cui stiamo lavorando con un progetto rafforzato dell’ordine degli psicologi: la professoressa Slepoj mi ha parlato di un aumento dei bambini in cura psicologica e psichiatrica, l’ordine dei farmacisti della crescita del consumo di psicofarmaci tra i minori. Non è forse “salute” anche questa? E non dimentichiamo le famiglie più fragili culturalmente, dove la barriera linguistica è aggravata dall’impossibilità di fare lezione in presenza”.
Dell’estensione dell’anno scolastico dice: “Penso sia doveroso un confronto con i sindacati sull’opportunità di tenere le scuole aperte almeno fino a fine giugno, non necessariamente come luogo di lezione ma anche di ‘recupero’: delle materie, delle amicizie, dello sport, dell’arte, della musica. Meglio che bambini e ragazzi stiano a scuola piuttosto che al campetto o ai giardinetti. O peggio ancora, di nuovo davanti al computer”.