Acqua buona e acqua cattiva: un tema che accompagna e dà forma nei secoli alla storia della società e del territorio. Di questo si è parlato ieri a Dueville alle Risorgive del Bacchiglione con il prof. Filiberto Agostini, docente di Storia e curatore del libro “Tra le acque del Vicentino. Dal medioevo all’età contemporanea” e con il presidente di Viacqua, Angelo Guzzo. Al loro fianco c’erano anche l’esperto di risorse idriche, Lorenzo Altissimo e il ricercatore di storia, Stefano Piazza.
L’occasione è stata la presentazione del libro, frutto di una lunga ricerca sul territorio vicentino che ha coinvolto molti specialisti e studiosi locali, edito da Franco Angeli e sostenuto da Viacqua e Fondazione di Storia onlus – Vicenza, presieduta da Paolo Scaroni, nell’ambito del festival itinerante Acque Comuni 2020.
“L’acqua è molto più di un bene pubblico: è una necessità di carattere vitale, un patrimonio ambientale – spiega il prof. Agostini – in questa pubblicazione abbiamo voluto indagare come l’acqua abbia rappresentato nel corso dei secoli un fattore determinante per l’esistenza individuale e per la qualità della vita collettiva.”
Già dal tardo cinquecento a Vicenza l’utilizzo dell’acqua diventò materia di concessione pubblica, regolamentata dal Governo centrale di Venezia. Le fonti termali di Recoaro tra il Settecento e l’Ottocento diventarono luogo di cultura e ritrovo di intellettuali.Già dalla seconda metà del Novecento i regolamenti delle rogge nel vicentino non si limitavano a disciplinare l’utilizzo delle condotte a scopi irrigui ma si estendevano anche alle modalità di scorrimento dell’acqua piovana e dell’acqua di risorgiva, all’inquinamento industriale, alla pulizia degli abbeveratoi e dei pozzi.
L’acqua, come forza motrice, è stata un fattore energetico importante per lo sviluppo protoindustriale in tutto il vicentino, con mulini, opifici, magli lungo i fiumi del territorio. L’inchiesta sulle condizioni igienico-sanitarie dei Comuni del Regno d’Italia del 1886, svolta subito dopo l’ultima importante epidemia di colera che colpì la penisola, evidenziò che nel vicentino il sistema idrico era qualitativamente abbastanza buono ma piuttosto arretrato sulle metodologie di captazione e in alcuni pozzi della città di Vicenza la qualità era mediocre per la vicinanza a latrine, scoli, letamai. Ecco la spinta alla costruzione di un acquedotto moderno.