Liberarsi dal peso del petrolio come unica fonte di reddito; aprendosi ad investimenti stranieri per rilanciare l’economia.
Si potrebbe definire così, l’ambizioso piano per il futuro “Vision 2040” messo a punto dal sultanato dell’Oman; ricchissimo Paese nel Sud-Est della penisola arabica. La vulnerabilità di dipendere esclusivamente dalla vendita dell’”oro nero”, è sempre più chiara per i grandi paesi esportatori. Che, seguendo una filosofia ormai in voga nella regione – prima tra tutti l’Arabia Saudita con il piano “Vision 2030” del principe Mohammed bin-Salman – stanno mirando a scuotere le fondamenta economiche su cui molti stati si sono retti negli ultimi decenni.
Largo, dunque, a privatizzazioni, afflusso di capitali esteri e sviluppo di nuovi settori sostenibili a lungo termine (e non dipendenti solo dalle ricchezze del sottosuolo). Preservando alcuni rami dell’economia – dove gli accorti regnanti omaniti non desiderano avere soci stranieri – si parla invece di aprire agli stranieri, sotto l’egida dell’Autorità per gli Investimenti (creata ad hoc) le porte delle società attive nei settori del turismo, dell’energia, della logistica, della moda, delle telecomunicazioni, della ricerca scientifica e, non ultima, dell’archeologia.
Per l’Italia, una ghiotta opportunità per nuovi investimenti in un Paese ricco e tranquillo. “Un terreno fertile per le nostre aziende”, l’ha definito la nostra ambasciatrice a Muscat, Federica Fave.
L’Oman è infatti una terra dove terrorismo e fondamentalismo sono fenomeni inesistenti; e dove i governanti hanno saputo costruire, negli anni, un’economia florida insieme a solidi rapporti diplomatici con tutti i principali attori regionali.
Federico Kapnist