Fa notizia in questi giorni l’ulteriore aumento, da parte della Russia e della Cina, delle loro riserve auree; ossia la quantità fisica di oro custodita nei forzieri delle banche centrali russa e cinese. In tempi di pandemia, del resto, contraddistinti dall’incertezza e dalla grande volatilità dei mercati azionari, dove scovare più affidabilità, se non affidandosi al metallo pregiato per eccellenza?
In particolare, lo sforzo da parte di Mosca viene interpretato come risposta, ormai perdurante da diversi anni, alle sanzioni applicate dagli Stati Uniti a seguito dell’annessione della Crimea. E della volontà, quindi, di affrancarsi dalla dipendenza dal dollaro americano; un tempo valuta preferita anche dalla Russia, in quanto moneta di scambio per antonomasia a livello mondiale. E che oggi, per contro, di fronte alla crescita di altri grandi attori economici dotati di valute sempre più importanti – UE e Cina su tutte – può essere “scaricato” rispetto a queste ultime e all’oro.
Ogni Banca Centrale, infatti, detiene tra i suoi asset una combinazione del metallo pregiato – bene rifugio per eccellenza – e di valute estere; preferendo, ovviamente, quelle più utilizzate a livello mondiale nei commerci: dollaro, euro, yuan, sterlina e via così.
Tuttavia, se in chiave geopolitica fa notizia la crescita delle riserve auree russe – arrivate a pesare circa 2.170 tonnellate – in sordina, l’Italia, vanta un primato non da poco. Con ben 2452 tonnellate di metallo prezioso – conservato tra Italia, Regno Unito, Svizzera e Stati Uniti, al fine di diversificare e di essere vicini alle grandi piazze di contrattazione e di deposito – il nostro Paese è quarto al mondo per riserve auree dopo Stati Uniti, Germania e Fondo Monetario Internazionale.
In questa particolare classifica, che ci piace rimarcare e che conferma l’attitudine da “formichina” del nostro popolo, veniamo, quindi, prima di colossi economico-militari quali Francia, Russia, Cina e Regno Unito. Con un valore di mercato delle nostre riserve che, secondo le attuali quotazioni, si assesterebbe intorno alla ragguardevole cifra di oltre 92 miliardi di euro.
F.K.