Se ci si aspettava una brusca sterzata, se non addirittura un’inversione a U rispetto all’era Trump, l’inizio della presidenza Biden sta deludendo le aspettative di molti analisti.
Una scelta intelligente, verrebbe da dire. Perché all’esperto, nuovo presidente non può certo essere sfuggito lo straordinario risultato elettorale ottenuto, comunque, dal tycoon. A simboleggiare che non tutto quello che è stato fatto dalla precedente amministrazione sia stato sbagliato; e che, tralasciando deliri post-voto e scelte sbagliate su materie importanti quali difesa dell’ambiente e gestione della pandemia, molte delle politiche adottate abbiano accontentato famiglie, imprese e mercati.
Come in politica estera. Se per il deep State è la Russia il vero e grande nemico, per la popolazione e le imprese è invece la Cina ad incarnare la figura di rivale degli Stati Uniti. Comunista, preoccupante sotto il profilo demografico e pericolosa sotto quello economico, ha peggiorato la sua percezione oltreoceano spargendo la pandemia e macchiandosi di continue violazioni dei diritti umani, dallo Xinjiang ad Hong Kong.
Così Biden, nel solco di Trump, non molla la presa e continua a dichiarare la sua ostilità alle politiche di Pechino; soprattutto sulla vicenda Xinjiang e la repressione della minoranza musulmana degli uiguri. La carta dei diritti umani, del resto, è da sempre giocata abilmente da Washington per esercitare pressioni sui rivali geopolitici.
L’Europa, per contro, “abbandonata” da Trump e dai suoi dazi che hanno avuto un forte contraccolpo sull’interscambio commerciale, guarda con favore ad Oriente. E in questo senso s’inseriscono l’accordo sugli investimenti Cina-Ue, siglato a dicembre, ed il lancio della piattaforma commerciale creata per facilitare investimenti e scambi tra Pechino e 17 paesi dell’Europa centro-orientale. I malumori USA su queste iniziative sono stati snobbati; dimostrando come Bruxelles cerchi partner affidabili e soprattutto mercati di sbocco per le proprie merci.
La scommessa nell’immediato futuro sarà vedere se l’Europa avrà la forza di snobbare anche i malumori americani sulla vicenda Navalny e, di conseguenza, la richiesta di interrompere la costruzione del gasdotto North-Stream 2. Ormai costruito al 95% e quasi pronto per essere utilizzato, quale vantaggiosissima offerta (o quale durissima minaccia) dovrà essere messa sul tavolo da parte di Washington per farlo naufragare?
Non certo il recente decreto “Buy American” firmato da Biden; 600 miliardi di dollari per acquistare prodotti e servizi da parte del governo USA e che, per rilanciare l’economia, verranno spesi interamente all’interno dei propri confini. Ricorda l’“America First” di trumpiana memoria; e allora, in fondo, male non fa l’Unione Europea a camminare con le proprie gambe.
Federico Kapnist