Il ministro degli Esteri della Repubblica Islamica dell’Iran, Mohammad Zarif, in un’intervista rilasciata ieri alla CNN ha auspicato un sostegno da parte dell’Unione Europea nel convincere gli Stati Uniti a fare un passo indietro sull’accordo sul nucleare.
La decisione nel 2018 da parte dell’amministrazione Trump, di stracciare l’accordo sul nucleare (il JCPOA) orchestrato da Barack Obama, ha impresso segni durissimi sulla società iraniana. Fiaccata dalle nuove sanzioni e dal blocco del commercio nei confronti dei paesi occidentali, il Paese persiano si trova ora a un bivio sul suo prossimo futuro.
I Riformisti al potere, rappresentati da Hassan Rohani, hanno politicamente sofferto la mossa di Trump. Per quanto, ovviamente, incolpevoli della decisione del tycoon statunitense, sono stati bollati in patria come responsabili del nuovo disastro economico. A soffiare sul fuoco sono particolarmente i Pasdaran, i Guardiani della Rivoluzione. Partito politico dotato di un formidabile braccio militare e soprattutto dai molteplici tentacoli; inserito in ogni ambito della società iraniana e con enormi interessi economici nei principali settori strategici.
Alfieri della più rigida dottrina islamica e contrari a qualunque movimento riformista che punti ad alleggerire l’applicazione della sharia, i Guardiani mirano a riprendersi il potere grazie ad un atteggiamento di perenne tensione internazionale. Al fine di giustificare la loro importanza e la loro missione di difensori dell’Iran.
Il prossimo giugno, il Paese andrà al voto. Riuscire a raggiungere un nuovo accordo – anche di massima – con i 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito, Francia e Germania) potrebbe essere la svolta per i riformisti, ora indietro nei sondaggi. Uno scenario di ripartenza dell’economia, frutto dell’abbandono delle sanzioni, verrebbe interpretato dalla popolazione come un capolavoro diplomatico di Rohani e come un simbolo di ritrovato vigore economico.
Per contro, il prolungarsi della fase di stallo e delle tensioni sulla ripartenza dell’arricchimento dell’uranio, sarebbero il colpo finale per Rohani e i suoi. E quasi sicuramente il via libera al ritorno in Iran dei “duri e puri” della Rivoluzione, con ritrovati scenari di scontro e rivalità a livello internazionale di cui lo stanco e impoverito popolo iraniano, ha tutto fuorché bisogno.
Federico Kapnist