New York, 1966, l’esposizione “Astrazione Eccentrica”, alla quale, tra gli altri, parteciparono artisti avanguardisti come Yayoi Kusama e Eva Hesse, rappresenta un momento cardine per la nascita dell’omonimo movimento artistico.
Una delle maggiori esponenti della corrente Astrazione Eccentrica fu la scultrice parigina, naturalizzata americana, Louise Bourgeois (1911-2010). Dopo una formazione accademica presso l’Ecole des Beaux Arts di Parigi, Louise entra in contatto con Fernand Léger ed altri esponenti del Surrealismo, così che, sotto l’influenza delle tendenze dominanti in quegli anni, inizia ad esprimersi attraverso un linguaggio surrealista.
Nel 1938 sposa lo storico dell’arte americano Robert Goldwater e insieme si stabiliscono oltreoceano. Nei primi anni ’40 lo stile e le tecniche di Bourgeois iniziano a mutare: passando attraverso sperimentazioni di Performance Art, è negli ’60 che approda al suo stile maturo; il suo linguaggio è personale e autobiografico e parla delle esperienze più intime e personali attraverso, soprattutto, installazioni di enormi dimensioni. Questi sono anche gli anni in cui l’artista inizia ad essere celebrata con numerose esposizioni.
Ciò che sta all’origine di tutti i lavori dell’artista parigina sono i ricordi d’infanzia: un periodo che per molte persone può rappresentare un’isola felice, di cui si conservano gelosamente i ricordi, per Louise è fonte di ansia, depressione e infelicità.
Sono anni dominati da un forte turbamento emotivo, dall’insoddisfazione causata dal padre che provocava nella giovane donna una continua perdita di autostima, sfogando su di lei l’assenza di un erede maschio, che arrivò solo in anni successivi. Ogni giorno Louis viveva sforzandosi di venire perdonata per essere femmina.

Cumul I, 1969
Numerose sono le opere che ricreano l’organo sessuale maschile. Questi lavori, considerati erroneamente provocatori, rappresentano, in realtà, i traumi, la rabbia e l’oppressione provocatogli dal padre durante la fanciullezza. Sono momenti del passato che assumono forma concreta e tangibile per essere esorcizzati. Letti come veri e propri “sfoghi” terapeutici grazie ai quali l’artista giunge alla consapevolezza e all’accettazione dei propri traumi.
All’opposto, la madre di Louise viene idealizzata a figura di forza assoluta: una donna che continua a sorridere nonostante i continui tradimenti del coniuge, una donna che lavora come restauratrice di arazzi e che ama il proprio lavoro; con lei l’artista ha un rapporto intenso, che sfocerà, dopo la morte del genitore nel 1932, in un tentato suicidio.
L’opera che rese Louise celebre in tutto il mondo è proprio dedicata a sua madre, il monumentale ragno in acciaio di oltre dieci metri di altezza, Maman.

Maman
“Il ragno è un’ode a mia madre. Era la mia migliore amica. Come un ragno, mia madre era una tessitrice. La mia famiglia era nel settore del restauro di arazzi e mia madre si occupava del laboratorio. Mia madre sedeva al sole per ore ad aggiustare arazzi e le piaceva davvero. Come i ragni, mia madre era molto brava. I ragni sono presenze amichevoli che mangiano le zanzare che diffondono malattie e per questo sono indesiderate. Così, i ragni sono protettivi e pronti, proprio come mia madre era indispensabile come un ragno.”
La scultura, fortemente simbolica, è stata realizzata nel 1999 e, oltre ad essere un tributo alla propria madre, rappresenta un omaggio alla madre archetipa che protegge i propri figli, come Maman tiene con sé, in una rete, dodici uova marmoree.
L’opera è stata riprodotta in otto copie che sono allestite in maniera permanente nei più importanti centri e musei d’arte contemporanea del mondo, come alla Tate Modern di Londra, davanti l’Ermitage di San Pietroburgo e all’esterno del Guggenheim di Bilbao. Il visitatore può entrare in contatto con la scultura camminando tra le snelle zampe e osservando il corpo dell’aracnide sospeso e svettante in cielo.
Ai piedi di queste maestose sculture è inevitabile provare un immediato spaesamento, ci si sente indifesi, quasi in pericolo, ma si crea, poi, un rapporto intimistico con l’opera d’arte e il suo senso arriva direttamente al cuore: la paura si tramuta in sicurezza e a dominare è un senso di protezione, come se si fosse al sicuro dagli eventi esterni tra le braccia di propria madre.
La materia delle opere d’arte di Louise Bourgeois è una materia pervasa di sentimenti che vengono rievocati da quell’enorme serbatoio di ricordi della sua infanzia. L’ispirazione per i suoi lavori vive nelle sue memorie recondite e permette la realizzazione di opere d’arte totalmente autobiografiche.

Cell
Negli anni ’90 realizza Cell (Choisy), scultura in cui una casa borghese (simbolo del passato e quindi della sua infanzia) è inserita in una gabbia e sovrastata da un’enorme ghigliottina che si abbatte su di essa per distruggerla.
“Per riuscire a liberarmi del passato, io debbo ricostruirlo, farne una statua e poi sbarazzarmene. Dopo riesco a dimenticarlo. Ho saldato il mio debito con il passato e me ne sono liberata.”
Cell (Choisy) può essere intesa come l’espressione dei traumi che hanno caratterizzato il paesaggio della fanciullezza di Louise Bourgeois: la famiglia, la violenza, l’insicurezza, la solitudine e l’oppressione.
“Se davvero la sofferenza impartisse lezioni, il mondo sarebbe popolato da soli saggi. E invece il dolore non ha nulla da insegnare a chi non trova il coraggio e la forza di starlo ad ascoltare.” Proprio come insegna anche Sigmund Freud, anche per Louise Bourgeois è solo attraverso la creazione di “concrete emozioni” capaci di lasciare traccia del proprio dolore, che l’artista può confrontarsi con esso, liberarsene e continuare a Vivere.