Sei eminenti personalità russe – tra cui il direttore del FSB (i servizi segreti russi, ex KGB), i due vice-ministri della Difesa, il delegato presidenziale in Siberia, il responsabile dell’Amministrazione Presidenziale e un delegato di quest’ultimo – saranno oggetto di sanzioni da parte dell’Unione Europea. Ai sei funzionari statali non sarà consentito, d’ora in avanti, di mettere piede all’interno dell’Unione; i loro eventuali beni, mobili e immobili, che si trovassero all’interno di uno dei 27 stati membri, saranno congelati.
La decisione è arrivata a seguito della vicenda Navalny: il blogger e dissidente russo che, ancora intorno al 20 di agosto scorso, a seguito di presunto avvelenamento da Novichok, è stato trasferito dalla Russia alla Germania per essere curato. Navalny, che gode di grande popolarità in Occidente a causa delle sue prese di posizione contro Putin e la corruzione imperante in Russia, aveva lanciato gravi accuse contro il governo di Mosca indicandolo come responsabile del suo tentativo di avvelenamento.
Le motivazioni dietro alla decisione presa dall’Unione Europea, elencate nel documento ufficiale con cui sono state promulgate le sanzioni, riguardano il fatto che sia stato “ragionevole concludere” come l’avvelenamento del blogger russo sia stato portato avanti con la partecipazione e il sostegno delle sei personalità indicate. In particolare Alexander Bortnikov, capo del FSB, avrebbe “indotto e fornito supporto alle persone che hanno portato a termine l’avvelenamento”.
Il capo della diplomazia russa, Sergey Lavrov – che proprio in questi giorni ha ricevuto a Mosca il nostro ministro degli Esteri, Di Maio – ha annunciato che la Russia reagirà in “maniera speculare” ad ogni sanzione che sarà imposta dall’Unione Europea. Promettendo quindi sanzioni contro personalità di spicco a livello comunitario.
La risposta europea arriva, come nel caso di altre vicende legate alla Russia, dopo fortissime pressioni americane affinché fossero presi seri provvedimenti contro Mosca per la vicenda Navalny; sulla quale, tuttavia, persistono ancora dubbi e divergenze. Ed è proprio dal tenore delle sanzioni che sembra come l’Unione Europea, vogliosa di avere la moglie ubriaca con la botte piena, abbia adottato delle misure in fondo leggere – che accontentassero in parte i diktat di Washington – ma che non andassero ad incidere in alcun modo sul raddoppio del gasdotto North-Stream – progetto in dirittura d’arrivo e in cui gli interessi di molti attori economici europei sono più che rilevanti.
Federico Kapnist