Da domani, 6 ottobre, il coordinamento delle «Mamme no Pfas» sarà due giorni a Roma per chiedere a governo e parlamento di disciplinare in maniera più decisa la presenza dei pericolosi derivati del fluoro ( i Pfas appunto), negli scarichi delle acque.
Questo gruppo di protesta è nato tra le province di Padova, Verona e Vicenza quando a Trissino, nel vicentino, è scoppiato lo scandalo ambientale legato alla Miteni, industria chimica poi fallita, accusata dalle autorità di avere compromesso l’ambiente in maniera irreparabile a causa degli scarichi dei derivati del fluoro che la stessa azienda produceva.
“Non ci sono dosi tollerabili per queste sostanze, sono inquinanti perenni che silenziosamente entrano nei nostri corpi alterandone alcune funzioni e causando molteplici malattie – si legge nella nota.
L’azione non nasce a caso in questo momento, dato che tra alcune settimane il governo dovrebbe mettere mano al cosiddetto collegato ambientale: si tratta di una agenda avente forza di legge, collegata con ogni probabilità alla finanziaria, che andrà a modificare il quantitativo delle sostanze proibite tra cui anche i Pfas.
Oltre ai limiti, che le mamme “chiedono prossimi allo zero”, ma che non mettono d’accordo industriali, governo e Regione Veneto, la questione più critica riguarda le tipologie di Pfas che dovrebbero essere regolamentate. Stando “alle mamme” le quattordici previste «dal collegato» sono troppo poche fermo restando che alla famiglia dei Pfas appartengono migliaia di composti spesso misconosciuti.
Toccherà al governo sbrogliare il nodo e mettere insieme le istante degli ecologisti con quelle degli industriali.