Che qualcosa di brutto potesse accadere, fra la moltitudine umana che assedia l’aeroporto di Kabul, era oramai solo questione di tempo.
Se i responsabili sarebbero stati i Talebani, al-Qaeda, l’ISIS, o qualche altro gruppo appartenente alla sanguinaria galassia islamista, poco avrebbe importato. E lo spaventoso bilancio, ha infatti messo in luce solo la tragicità dell’evento; piuttosto che il macabro primeggiare tra bande di macellai.
Diversi attacchi kamikaze condotti contro i check-point che delimitano l’aeroporto – gestiti da militari stranieri, perlopiù americani e inglesi – hanno provocato una carneficina tra soldati e civili. Oltre 90 morti, tra cui 13 marines statunitensi; con decine e decine di feriti, per gran parte in modo grave. Un bilancio che è destinato, quindi, solo a peggiorare nelle prossime ore.
Mentre si contano morti e feriti e il presidente Biden “minaccia” – anche se non si è capito come, dal punto vista pratico – i responsabili, cresce la preoccupazione per quello che potrebbe accadere nei prossimi giorni. Il rischio di nuovi attentati che vadano a colpire il poderoso ponte aereo, che è in atto in questi giorni tra Afghanistan e paesi occidentali, è infatti altissimo.
Preoccupa la costola afgana dello stato islamico – ISIS-K – che ha rivendicato l’attentato; ma preoccupano anche i Talebani, ora che la data fatidica del 31 agosto – considerata dai nuovi padroni del Paese l’ultima valida, perché tutte le forze occupanti straniere lascino il Paese – si avvicina sempre più.
Federico Kapnist