“Sarà il lavoro a portare fuori il Paese da questa emergenza”. Il Presidente Sergio Mattarella rinnova il suo appello all’unità e nel suo messaggio del Primo maggio, giornata delle festa dei lavoratori, invita ad avere “fiducia nel futuro”. Un discorso asciutto, di appena quindici minti, nel quale il presidente cerca di farsi portatore dei più alti valori della Repubblica.
Il Paese attraversa “un passaggio stretto e difficile”, sottolinea il presidente, ma la “battaglia per il lavoro” passa anche dalla capacità di “non sprecare l’occasione di compiere tutti insieme un passo in avanti”. Il riferimento è al Piano nazionale di ripresa e resilienza, che il governo ha inviato la sera del 30 aprile a Bruxelles e che nella mattinata di sabato la presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen dichiara di avere ufficialmente ricevuto.
Nel celebrare la festa dei lavoratori, Mattarella lancia il suo appello a “nuove generazioni di costruttori” e non è la prima volta che in un discorso ufficiale il presidente parla di chi dovrà ri-costruire il Paese. Il Primo maggio rappresenta “un’occasione che afferma la fiducia nel futuro, di chi vuole conquistare nuovi traguardi e non di chi assiste inerte”. La Repubblica “non potrebbe vivere senza il lavoro”, sottolinea il capo dello Stato.
E pone l’accento su alcune importanti questioni, come la sicurezza del lavoro: “Ancora troppe morti a causa di norme eluse e violate. Non è tollerabile”, ma parla anche dell’occupazione femminile, che è oggi “ancora più fragile”: farla crescere “è condizione essenziale per una vera ripartenza dell’Italia”. E ancora: “Sfruttamento e violenza nei confronti dei lavoratori immigrati” per Mattarella “non sono tollerabili” perché quei lavoratori “contribuiscono al benessere della nostra comunità”.
Proprio mentre si apre “una finestra per dare sbocco a una stagione di crescita”, osserva il capo dello Stato, bisogna “garantire per tutti l’accesso al lavoro”. E le istituzioni hanno una responsabilità decisiva di far prevalere la coscienza “sulla tentazione di assecondare o cavalcare lo sconforto”. Anche nella “riconquista” della libertà dopo le restrizioni imposte dal Covid, “non sono ammissibili incognite che comportino il rischio di ulteriori prezzi da pagare con la vita”.
Il lavoro che troppo spesso viene negato, sottopagato o svilito deve diventare invece il fondamento vero della Repubblica, deve essere il diritto alla base della società civile, per tradurre in realtà quel primo e più importante articolo della Costituzione che rischia di essere dimenticato: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Perché senza lavoro non può esserci futuro.