Il processo per il crac di Banca Popolare di Vicenza, che vede imputati l’ex presidente Gianni Zonin, l’ex consigliere Giuseppe Zigliotto e quattro ex dirigenti, Emanuele Giustini, Paolo Marin, Massimiliano Pellegrini e Andrea Piazzetta, per i reati di aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto, volge ormai al termine, con le ultime due udienze lunedì prossimo per le repliche dell’accusa e giovedì 18 per dare l’ultima parola agli avvocati difensori, prima della sentenza.
Ciò che ora il tribunale di Vicenza teme e vuole scongiurare in tutti i modi, è il rischio assembramento per il giorno della sentenza e, per questo sta valutando una serie di iniziative, tra le quali anche la più estrema, ossia di trasferire tutto nell’aula bunker di Mestre per la lettura del dispositivo.
Come ha sottolineato il presidente del Tribunale di Vicenza, Alberto Rizzo, “dobbiamo coniugare il diritto alla presenza con l’osservanza del distanziamento sociale e, se il numero di persone non fosse gestibile, saremmo costretti ad adottare soluzioni diverse, per ragioni sanitarie”.
Quello che si è svolto a Vicenza, è stato un maxi-processo, come mai se ne erano visti prima in città, destinato a fare scuola, “costituirà un laboratorio, un precedente giurisprudenziale anche per altri processi in materia, per l’enorme impegno dei colleghi della Procura e del Tribunale e per lo sforzo organizzativo profuso”, ha infatti dichiarato il neo procuratore capo Lino Giorgio Bruno in audizione in Commissione Banche l’altro giorno, “assolvendo” Bankitalia, da responsabilità oggettive, sottolineando quanto riferito dai colleghi: “la collaborazione con l’istituto di vigilanza è stata assoluta. E, inoltre le operazioni di nascondimento messe in atto dal top management, non possono essere sottovalutate”.
Quello che è stato a tutti gli effetti un maxi-processo, con oltre 100 udienze, 160 testimoni tra accusa e difesa e quasi 8000 parti civili, “è stato celebrato regolarmente, pur in tempo di pandemia, arrivando a sentenza, evitando quindi la prescrizione, con uno straordinario impegno da parte di tutti, compresa la società civile della città, che voleva il processo e che lo ha sostenuto” ha sottolineato il parlamentare vicentino Pierantonio Zanettin.
Ora si punta al secondo troncone, quello per bancarotta impropria e false comunicazioni, già in fase di indagini preliminari e affidato sempre a Pipeschi e Salvadori. “Per le gravi condotte di distrazione e dissipazione del patrimonio aziendale, in particolare tra il 2012 e 2013”.
L’indagine è focalizzata sull’investimento di 350 milioni di euro nei fondi lussemburghesi Athena e Optimum, funzionali al giro di compravendita delle azioni di BPVi, con il romano Marchini e i pugliesi Fusillo e De Gennaro.