La Bussola sul mercato del lavoro veneto, a cura dell’Osservatorio Mercato del Lavoro, presenta ogni mese i dati principali sull’andamento dell’occupazione della nostra Regione.
Il numero del mese di Ottobre 2020 permette quindi un bilancio sia degli effetti del prolungato lockdown, che del recupero occupazionale avviato con la progressiva rimozione delle misure di limitazione, delle attività e degli spostamenti, disposte al fine di contenere l’epidemia di covid-19.
Appaiono preoccupanti i segnali che arrivano dai dati sul fronte del lavoro dipendente, che certificano, dopo un’estate di recupero, una decisa frenata, in linea con un’economia che teme gli effetti di una seconda chiusura, ma anche la prolungata incertezza di un governo che naviga a vista.
Si vive ancora in una dimensione sospesa, attraverso la proroga del blocco dei licenziamenti e quella della cassa integrazione, ma già col pensiero fisso su quello che potrebbe accadere dopo.
Il quadro del rapporto ci dice che in linea di massima, tra gennaio e ottobre, il saldo tra assunzioni e cessazioni nell’impiego a tempo indeterminato, determinato e apprendistato, è di circa 38 mila posti in meno, rispetto al 2019.
E, se a prima vista potrebbero apparire come dato positivo i numeri di fine ottobre, delle cessazioni, a quota 11mila, rispetto alle 16mila del 2019, in realtà è il risultato della forte contrazione delle assunzioni, a tempo determinato, degli stagionali soprattutto del turismo, dei mesi precedenti, combinata al blocco dei licenziamenti. Venezia e Verona infatti riducono i saldi negativi.
L’esperto del mercato del lavoro, Bruno Anastasia, dice che, “abbiamo di fronte un panorama difficile, anche da interpretare: il blocco dei licenziamenti e la proroga della cassa integrazione rendono il quadro parziale e non aiutano a formulare giudizi. I numeri di fine ottobre potrebbero far concludere che alla fine non sia andata così male, dopo una tempesta come quella del Covid-19. Ma il quadro è molto più complesso”.
Il rallentamento delle assunzioni di ottobre, il 13% in meno, non fa presagire nulla di buono è “più si prolunga il blocco dei licenziamenti e più diventa complicato capire cosa potrà succedere dopo”.
Anastasia conclude suggerendo di “attuare delle politiche attive di formazione, anche se non facili da organizzare in epoca covid e di cominciare a ragionare sulla possibilità di contributi di solidarietà, per far fronte al debito pubblico, da parte di tutti quei detentori di redditi non toccati dalla crisi”.