Negli ospedali non mancano tanto i posti per i pazienti Covid, quanto il personale sanitario, a dirlo Claudio Micheletto, direttore dell’unità di pneumologia dell’Azienda ospedaliera di Verona, dove è stato da poco riaperto il reparto Covid.
“Stiamo facendo una chiamata alle armi, dobbiamo richiamare medici e infermieri. Qui è peggio che a marzo – dice il professore -. Quando parlo di marzo, non dico certo nei numeri, allora avevamo 180 pazienti e 60 terapie intensive in totale in azienda. Però il flusso è continuo: adesso a Borgo Roma abbiamo 22 ricoverati in malattie infettive, pieno, e 6 in rianimazione, pieno. Da noi in pneumologia a Borgo Trento, ci sono 20 letti occupati, e dobbiamo allargare. Ne aggiungiamo altri 6, ma il problema non sono i posti, serve il personale”.
E con il rincalzo dei contagi, il reparto che era stato chiuso i primi di giugno, adesso è stato riaperto, come scrive Micheletto sui social: “Ieri abbiamo riaperto. Siamo rientrati nel padiglione 13, un piccolo Ospedale dedicato solo al COVID-19. Temo che questa notte si sia innescata una pesante recrudescenza: pronti soccorso strapieni, tante persone con sintomi. Termino una notte allucinante, continui ricoveri, mi sembra di rivedere un film già visto. Non mi ricordo chi ha detto che il virus era clinicamente morto, dopo 24 ore consecutive di lavoro forse perdo la memoria”.
E continua: “Riaprire le stanze ci ha emozionato, ci sono tornate davanti le facce di tutti coloro che erano passati da quel reparto in primavera, alle loro sofferenze, ai loro sorrisi, alla soddisfazione di mandarli a casa. Ma anche alla nostra fatica, al sudore, ai vestiti pesanti, alle maschere. Non siamo contenti di rientrare, a marzo affrontavamo l’ignoto, ora sappiamo cosa dobbiamo fare per tutti i prossimi mesi. Pensavamo di tornarci più avanti, riprendere questo lavoro ad ottobre vuol dire affrontare un lunghissimo periodo, l’inverno non sarà certo favorevole”.
“Nei mesi estivi io e il mio gruppo abbiamo fatto il lavoro di pneumologi in silenzio, abbiamo assistito a un dibattito surreale, poco scientifico e fazioso. Ora siamo qui, professionali, seri e preparati ad affrontare questa malattia. Nei mesi estivi abbiamo studiato i nostri dati e quelli pubblicati in Letteratura, vorrei analizzare qualche aspetto e discuterlo, abbiamo bisogno di qualche certezza. Siamo stanchi di rincorrere bufale, vorremmo avere anche qualche verità”.
E come lui, ce lo auguriamo tutti.