Toccata marginalmente dalla pandemia, l’India sta affrontando negli ultimi mesi un problema ben più urgente. Con particolari che fanno assumere alla vicenda i connotati di una rivolta dei tempi antichi, più che del terzo millennio.
Da fine novembre, decine di migliaia di agricoltori si sono messi in cammino verso la capitale, Nuova Delhi, per protestare contro le nuove leggi sull’agricoltura emanate dal governo di Narendra Modi. Tra restrizioni legate al Covid e i divieti di manifestare emanati dalle autorità, agli agricoltori non è però restato altro che accamparsi alle porte della capitale; offrendo un incredibile spettacolo di moltitudine umana, animale e meccanica.
Se nelle settimane passate vi sono state diverse dimostrazioni di solidarietà, da parte della popolazione della capitale, verso i contadini accampati alle porte della Città, la tensione è via via aumentata a fronte del rifiuto governativo di rivedere le leggi di liberalizzazione oggetto di proteste.
In base a queste ultime, il governo vuole ridurre il potere dei grossisti regolamentati dallo stato, permettendo agli agricoltori di vendere i propri prodotti direttamente sul mercato, dovunque e a chiunque. Secondo i manifestanti però, queste leggi vanno a favorire le grandi aziende e a penalizzare i piccoli proprietari; che vedrebbero un calo del prezzo nei raccolti e la fine degli acquisti statali, fonte di sostentamento per molti coltivatori. Il governo Modi difende le misure adottate, necessarie per riformare un sistema agricolo ancora arretrato e che deve provvedere a sfamare una popolazione di oltre un miliardo e 300 milioni di persone, drammaticamente in continua crescita.
Lo stallo e l’esacerbarsi della situazione, hanno provocato violente manifestazioni negli ultimi giorni. Con un morto e diverse centinaia di feriti registrati tra le fila dei manifestanti e della polizia. Dopo queste violenze, gli agricoltori hanno quindi deciso di annullare la manifestazione di protesta verso il parlamento – che si sarebbe dovuta tenere il 1 febbraio – mentre il governo ha optato per una fase di stallo di 18 mesi, durante i quali dare ascolto alle rimostranze dei coltivatori.
Il rifiuto, da parte degli agricoltori, di questa moratoria sull’entrata in vigore delle leggi, ha riportato la contesa al punto di partenza. Con nessuna prospettiva all’orizzonte ed il caos che è tornato a farla da padrone in una metropoli da oltre 22 milioni di abitanti; devastata dagli endemici problemi che la caratterizzano e sempre più in difficoltà a gestire il nuovo, immenso l’accampamento di agricoltori.
Federico Kapnist