Dopo un periodo d’interesse per l’arte astratto-concreta che lo ha portato ad usare colori e forme primarie, seppur intrecciate e dinamiche, Mimmo Rotella scopre una nuova forma d’arte.
Tale innovazione linguistica, che ha tratto importanza dalla sua tecnica, ha la stranezza di affiorare in più luoghi e da più menti nello stesso intervallo di tempo. L’opera pittorica presentata prende il nome di décolage, una serie di quadri realizzati con manifesti lacerati ed incollati.
Mimmo Rotella dovette più volte spiegarsi e raccontare l’evoluzione della sua idea al dettaglio per certificare la sua originalità:” Avevo inventato i décollages a Roma nel 1953, ma li mostrai al pubblico la prima volta nel febbraio 1954. Fu il filologo e critico d’arte Emilio Villa che scoprì per primo le affiches lacérées”.
È all’interno di un’epoca dominata dal linguaggio informale che prende forma l’idea dell’artista calabrese. Siamo negli anni ’50, infatti, quando un paesaggio di carta si palesa per la prima volta agli occhi di Rotella: sono i manifesti intatti e stracciati delle mura di Piazza del Popolo… e lui in quel momento decide di farli suoi!
“Con i manifesti abradevo dai muri della vecchia Roma frammenti di intonaco, reliquie di mattoni, granelli di terriccio… a ciò si mescolavano, come per una mistura alchemica, i colori delle stamperie, i neri, i grigi, con esiti cromatici e materici davvero stupefacenti”.
Mosso da una ferrea ostinazione, passeggiava per le vie di Roma come in balia di una caccia al tesoro, motivato dal semplice piacere di arrivare al suo bottino. Ed è con questa intensità e vigore che la tecnica del décolage diromperà nella storia della pittura.
Le sue sono immagini consumate, deteriorate dal tempo che scorre e muta. Una presa di coscienza del mondo che lo circonda, lasciando talvolta la parola sulla superficie, che rimane integra nel manifesto. Singoli elementi si rendono leggibili e alcune parole vengono lasciate intatte, anche se a volte modificate o capovolte.
Gli strappi che esegue sulla carta creano uno spazio diretto tra questa e un’altra realtà, costruendo collegamenti diretti tra gli scenari più remoti.
“… Strappare i manifesti dai muri è l’unica rivalsa, l’unica protesta contro una società che ha perduto il gusto dei mutamenti e delle trasformazioni strabilianti. Io incollo i manifesti, poi li strappo: nascono forme nuove, imprevedibili. Ho abbandonato la pittura da cavalletto per questa protesta. Se avessi la forza di Sansone, incollerei la piazza di Spagna, con certe sue tinte autunnali, morbidi e tenere, sui piazzali rossi al tramonto del Gianicolo…”.