La notizia dello slittamento a marzo per la riapertura degli impianti di risalita ha lasciato esterrefatti i gestori delle ski aree. E anche Confartigianato Belluno è seriamente preoccupata. “Ne va della tenuta del sistema montagna – afferma la presidente Claudia Scarzanella -. A questo punto servono ristori veri e rapidi, altrimenti centinaia di attività rischiano di chiudere definitivamente”.
L’associazione degli artigiani si era fatta portavoce già nelle scorse settimane del malumore di molti associati, perché la chiusura degli impianti e il blocco della stagione invernale hanno colpito non solo le piste da sci, ma l’intero indotto del turismo montano, comprese centinaia di attività artigiane attive nelle stazioni sciistiche del Bellunese.
La montagna è ormai in sofferenza da anni e le associazioni di categoria temono che si spenga lentamente, senza che nessuno faccia alcunnché per impedirlo: “Lo spopolamento della provincia di Belluno certificato dai recenti dati Istat non fa altro che confermare un fenomeno noto e in crescita da anni, che va seriamente e rapidamente contrastato con azioni mirate che creino le condizioni per attrarre investimenti, non far emigrare i giovani e generare un circolo virtuoso di crescita e sviluppo così da migliorare i servizi sul territorio, le infrastrutture e la modernizzazione complessiva per far uscire la provincia dall’isolamento”. Questo il pensiero del segretario generale della Cisl Belluno Treviso, Massimiliano Paglini.
Secondo le stime dal 1951 al 2019 la provincia ha perso 35mila residenti. “Le scelte non sono più rimandabili – sottolinea Paglini che propone di attivare subito – un tavolo permanente che coinvolga tutte le forze sociali, economiche e politiche del territorio nella progettazione della Belluno del futuro, da qui al 2050”.
In una recente ricerca commissionata dalla Cisl territoriale ai ricercatori della Fondazione Corazzin, Stefano Dal Pra Caputo e Francesco Peron, emergono anche i gravi problemi del ricambio generazionale e dell’invecchiamento della popolazione. L’indice di vecchiaia, ossia il rapporto fra la popolazione over 65 e quella 0-14 anni è cresciuto moltissimo: a Belluno per gli uomini è passato da 140 del 2010 a 199,2 del 2020. Per le donne da 222,3 del 2010 a 274,5 del 2020.
L’insufficienza di infrastrutture, di politiche di sviluppo e di investimenti determina un inesorabile abbandono del territorio e la cronicizzazione di problemi come la mancanza di reti e strutture di assistenza, la scarsità di prospettive di sviluppo e, infine, l’ampliamento delle disuguaglianze.
Paglini sottolinea che “è più che mai necessario per delineare assieme nuovi scenari di sviluppo della provincia, con una visione di lungo termine, da oggi al 2050, che ponga al centro il lavoro e un modello di crescita non erosivo del patrimonio ambientale”.