Ieri la pressione su BTp e spread è tornata a farsi sentire e Moody’s ha rinnovato i timori per quanto riguarda la crisi del Governo italiano e la persistente debolezza dell’esecutivo guidato da Conte, che potrebbe influenzare l’efficace utilizzo dei fondi Recovery Plan e condizionare tanto la crescita quanto il merito di credito del nostro Paese, che ha un rating sul debito pubblico sempre in bilico sull’orlo del junk (o «spazzatura»).
L’agenzia di rating non può non constatare come Conte sia stato “lasciato con una posizione parlamentare indebolita, non essendo riuscito a ottenere la maggioranza assoluta al Senato”, proprio quando davanti si trova sfide politiche di vitale importanza “sia nel gestire l’attuale fase della pandemia, sia nel garantire l’assorbimento efficace e tempestivo dei fondi di ripresa dell’UE, elemento chiave per migliorare il basso potenziale di crescita dell’Italia”.
L’ipotesi di elezioni anticipate, tanto temute in Europa, resta improbabile secondo Moody’s, che però sottolinea come siano necessarie azioni decisive “in merito alla governance e all’assegnazione dei fondi Ue per la ripresa dalla pandemia, questioni che sono state il catalizzatore del periodo più recente di instabilità politica”. L’Italia, ricorda l’agenzia, “riceverà più di 200 miliardi di euro, circa il 12% del PIl atteso nel 2021, in sovvenzioni e prestiti entro il 2026 dal piano Next Generation EU e sarà il principale destinatario nell’Ue in termini nominali”.
Gli analisti sono concordi nel dire che le somme sono significative, “equivalenti a più di cinque anni di spesa per investimenti pubblici, e probabilmente stimoleranno la crescita economica dell’Italia se spesi in modo produttivo”, ma tutto questo può avvenire soltanto se “le autorità italiane seguiranno le misure pianificate per snellire i processi di investimento pubblico e per migliorare l’efficienza degli appalti pubblici e della pubblica amministrazione in generale”.