Al Porto di Venezia è stato aperto un tavolo tecnico per fare la conta dei danni causati dalla raffica di alzate del Mose di questi giorni, sei giornate circa per un totale complessivo di un’ottantina di ore, che hanno letteralmente stremato i vertici del Porto e le squadre operative, ma anche tutti gli imprenditori che vivono di export.
Vincenzo Marinese, presidente di Confindustria Venezia area Metropolitana di Venezia e Rovigo, oltreché amministratore della Sirai Srl, che si occupa delle infrastrutture del Porto, è esasperato perché dice, che le aziende non possono più tollerare il pressapochismo e l’incertezza della gestione del Mose.
Da conoscitore del mare e dei venti, Marinese sostiene che, anche per oggi con 10 nodi di vento da nord, non ci potrà essere l’acqua alta, se non un leggero accenno. E infatti le previsioni sono state al centro delle polemiche di questi giorni: “i comandanti delle navi ormai pensano che siamo dei marziani. Non è questione di quote, ma di venti, sabato scorso, quando è successo il disastro, c’era lo scirocco, ma oggi no, c’è una lieve bora. Non servono scienziati per capirlo, non occorre chiudere il Mose”.
Marinese sostiene che tra Porto e Mose non dovrebbero esserci contrasti e contrapposizioni, ma una sinergica convivenza, “è fondamentale terminare la conca di navigazione”, che infatti avrebbe dovuto essere pronta per l’entrata in funzione del Mose. “Vogliamo dire chiaramente che la conca è sbagliata e che c’è un responsabile o facciamo tutti finta di niente?” Marinese sollecita le diverse parti ad impegnarsi a dare almeno una data certa.
Per quanto concerne il discorso dell’Autorità, il problema rimane la confusione della gestione tra governo ed enti locali, perché secondo Marinese dovrebbe essere il sindaco a decidere, perché è stato scelto ed eletto e rappresenta l’amministratore delegato della città. “Se poi sbaglia, ne dovrà rispondere agli elettori”.
È poi inaccettabile che Venezia non abbia ancora il nome di un presidente, Trieste e Civitavecchia hanno già il loro. E , per questo si appella al presidente Zaia, affinché faccia sentire la su voce a Roma, anzi perché “batta i pugni sul tavolo e non si faccia consegnare un nome a scatola chiusa, com’era già successo con Pino Musolino, che avrebbe dovuto essere un presidente di garanzia e invece alla fine è stato commissariato”.
La questione è che per mesi si è parlato solo di Covid-19, trascurando tutto il resto e adesso i nodi cominciano ad arrivare al pettine.