Se c’è una cosa che continua a cambiare è la politica italiana. È dai tempi della Prima Repubblica, ma forse perfino da prima, che il nostro sistema politico cerca un suo equilibrio, tra destra e sinistra e trasformismi di ogni sorta. Ma è anche vero che non mancano elementi di continuità, come la distribuzione delle preferenze a livello territoriale. Lo conferma il sondaggio Winpoll-Il Sole 24 Ore dedicato proprio a questo tema. Il risultato è che l’Italia è ancora oggi grosso modo divisa in tre parti che continuano ad avere caratteristiche distintive, anche se non così marcate come in passato.
Il Nord continua ad essere del Centrodestra. La debolezza del centrosinistra in questa area, soprattutto nel Nord Est, è un dato storico. Nelle regioni del Nord durante tutta la Seconda Repubblica il centrodestra è sempre stato lo schieramento di maggioranza. Una volta lo guidava Berlusconi, oggi Salvini, che con la Lega al 28,8% sopravanza il Pd di dieci punti. Tutto insieme il centrodestra è sopra il 50%. Il centrosinistra continua a non essere competitivo anche con l’aggiunta del M5s, che dal picco del 23,7% del 2018 si attesta oggi intorno al 10,2%. In questa zona il cambiamento oggi è rappresentato da Fdi che dal 5,9% delle Europee passa al 15,7%.
Le regioni rosse del Centro Italia ancora in calo
Nelle quattro regioni rosse del Centro è ancora in testa il centrosinistra con il Pd stimato al 24,3%, ma il suo primato si è eroso negli ultimi anni. Basti pensare che prima del terremoto politico del 2013 la distanza tra i due poli di allora era superiore ai dieci punti, oggi della metà. Inoltre a differenza di quanto è successo al Nord, dove il Pd non è cresciuto, qui sono cresciuti molto sia Lega che Fdi.
Il Sud tra M5S e Fdi
Il Sud continua ad essere dominato dall’incertezza. Questa è sempre stata la zona del paese più volatile anche se in genere più orientata a destra che a sinistra. È qui che il M5s ha registrato nel 2018 il suo successo più clamoroso arrivando a prendere il 43% dei voti e oltre l’80% dei seggi uninominali, ricordi ormai. Alle Europee del 2019 era già sceso al 26,6%. La stima di oggi lo dà al 23,4%. È ancora un buon risultato, ma non sufficiente a farne il primo partito. Lo supera Fdi con il 24,2%. È la prima volta che un partito di destra è il maggior partito al Sud. Bene anche la Lega di Salvini (15,5%) che, pur non arrivando al 25,5% delle Europee, conferma di aver messo radici in questa parte del paese.
Passando dai dati per area a quelli nazionali, si nota come ci siano soli quattro punti tra centrodestra e centrosinistra. A giocare un ruolo centrale è il Nord, visto che nelle altre due zone il centrosinistra è in vantaggio. Ma la vera differenza tra i due schieramenti non è nei numeri, ma nella loro composizione. Il centrosinistra è da sempre più frammentato e meno coeso, come anche i suoi elettori.
Che quindi il neo segretario del Pd, Enrico Letta, voglia fare quello che prima aveva già fatto Prodi: una “coalizione acchiappatutti”, utile solo per cercare di vincere le elezioni e creare governi instabili? In questo senso andrà interpretato l’avvicinamento delgi ultimi giorni semplice tra il Pd di Letta e il M5s di Conte alla caccia degli stessi elettori.
Nel centrodestra i partiti sono meno, la distanza che li separa è più gestibile e la loro convivenza è già provata. Il problema in questo campo è quello dei rapporti tra Lega e Fdi. Recentemente le posizioni dei due partiti si sono differenziate rispetto al governo Draghi e di riflesso rispetto alla Unione Europea. Ma soprattutto resta chiaro che l’uno ha bisogno dell’altro e loro lo sanno. Per vincere sia a livello locale che a livello nazionale devono trovare un accordo.
Non era così fino a poco tempo fa. Il successo di Fdi e della sua leader ha cambiato le carte in tavola nel centrodestra. Così come è successo nel centrosinistra con la decisione di Conte di guidare il M5s. Il distacco in termini di voti tra Lega e Fdi nel nostro sondaggio è di poco più di tre punti. Il 59% dei nostri intervistati pensa ancora che alle prossime elezioni Salvini vincerà la sfida, ma non è così scontato. Tanto più che l’opposizione al governo Draghi mette il partito della Meloni nelle condizioni di lucrare sul malcontento generato dalla gestione della crisi.