“Meglio non far arrabbiare i turchi, quelli mica sono fessi come gli italiani”. Non l’ha detto nessuno, ma è il succo del pensiero che deve aver attraversato la mente di Khalifa Haftar e dei suoi generali; dopo aver sequestrato, ed immediatamente rilasciato, una nave turca colpevole di aver sconfinato nelle acque territoriali della Cirenaica.
E questo nonostante i turchi, a differenza di noi altalenanti ed incerti italiani, siano dichiarati nemici di Haftar e dei suoi alleati. Non solo, siano i diretti responsabili delle loro recenti sconfitte e del fatto che al-Serraj possa dormire sonni tranquilli a Tripoli. E allora perché, perché da quattro mesi ci sono 18 pescatori italiani ingiustamente detenuti nelle carceri libiche senza nessuna soluzione all’orizzonte e nel silenzio più assordante, mentre una nave di una potenza nemica viene immediatamente rilasciata?
Il motivo è semplice. In tutto il Mediterraneo è oramai cosa nota che gli italiani, seppur ben armati e con reparti militari di altissimo livello, la forza non la usino. Mai. A differenza dei turchi, invece; che hanno capito che mostrare i muscoli e minacciare l’uso della forza ogni qual volta sorga una disputa, spesso porta risultati. Specialmente contro nemici di secondo rango; che temono e rispettano la Turchia di Erdogan e il suo rinnovato spirito neo-ottomano.
E anche in questo caso, per l’appunto, è semplicemente bastato un severo monito del ministro degli Esteri di Ankara, Cavusoglu, nel minacciare “conseguenze catastrofiche” qualora la nave non fosse stata immediatamente rilasciata, per dirimere la questione.
La nave è stata liberata e ha potuto riprendere il suo cammino placida e tranquilla verso la Turchia. A differenza dei nostri pescatori, che languono nelle carceri di Haftar e vedono allontanarsi la speranza di rientrare a casa, non solo per il Natale.
Ancora una volta, il rifiuto di utilizzare la forza nelle questioni internazionali – una nostra esclusiva – e la credibilità di fronte al mondo in caduta libera, portano a risultati come questi. Del resto, cosa ci aspettiamo di diverso? L’Italia sta solo raccogliendo quel che ha seminato negli scorsi anni; a partire dal disastro libico in cui, senza fiatare, ha permesso ai suoi fedeli compagni della NATO di distruggere l’unico vero alleato che avevamo nel Mediterraneo. Perdendo la faccia anche di fronte a realtà politico-militari di quart’ordine che, oggi, si permettono in tutta tranquillità di farsi beffa di noi.
Nell’attesa che anche la punta di diamante della diplomazia italiana, alias Giggino o’bibbitaro, minacci “conseguenze catastrofiche” contro chi colpisca gli interessi nazionali, mestamente chiniamo la testa e lasciamo i nostri pescatori prigionieri dei libici.
Federico Kapnist