Mille nuove domande di cassa integrazione in pochi giorni, e la motivazione è solo una: gli imprenditori trevigiani sono spaventati dal 2021, i provvedimenti su zone arancioni e rosse congelano gli investimenti e i titolari di azienda si proteggono con le domande di “cig”. La settimana dal 28 dicembre al 3 gennaio è stata una delle peggiori dall’inizio dell’emergenza sanitaria: 1.016 domande arrivata all’Inps di Treviso tra cassa ordinaria, straordinaria e Fis (Fondo di integrazione salariale).
Al momento l’Inps di Treviso sta pagando 54.198 domande di cassa integrazione. Il lockdown di marzo si è sommato alle incertezze di novembre e dicembre, e pare che adesso in pochi se la sentano di scommettere sul 2021. Da chi arrivano le domande? Ci sono grandi gruppi industriali che lavorano ancora a regime rifotto e tante aziende individuali di servizi alla persona “congelati” ormai da mesi. Ci sono bar e ristoranti e ancora le industrie dell’abbigliamento e dei servizi connessi a trasporto e turismo che faticano a ripartire, e quindi preferiscono tenere in cassa integrazione parte dei lavoratori.
“Ci preoccupa l’impennata del ricorso alla Cassa integrazione, segnale allarmante di una situazione economica che peggiora e che fa presupporre il rischio di un ulteriore inasprimento nelle prossime settimane. Si rischia un 2021 con fatturati peggiori del 2020 e di conseguenza ricavi più bassi che imporranno il contenimento dei costi, ma non dovranno essere i lavoratori a pagare il conto di questa crisi”, è il commento di
Massimiliano Paglini, segretario generale della Cisl Belluno Treviso.
“I segnali che arrivano dalle imprese del territorio – afferma Paglini – indicano che vi è grande incertezza anche rispetto all’approvvigionamento di materie prime per portafogli ordini che languono. Il quadro è complesso ed eterogeneo, con i grandi gruppi industriali con ‘motori al minimo’ e le piccole e medie imprese e le aziende individuali, soprattutto del commercio, del turismo e della ristorazione con serie prospettive di chiusura a causa della prolungata inattività di questi mesi. Va scongiurato lo choc occupazionale che potrebbe verificarsi allo scadere del divieto di licenziamento, al momento fissato al 31 marzo”.
“L’allarme lanciato da Mario Draghi sul rischio di default di tante imprese e sulla necessità di presidiare le PMI, già avvalorato da molte ricerche – prosegue il segretario generale Cisl – ci preoccupa per i riflessi che il problema avrà sull’occupazione e sulla tenuta sociale. Non dimentichiamo che le PMI sono la spina dorsale dell’economia trevigiana e che in esse è allocata la maggior parte dell’occupazione e della produzione di PIL”.