È stato presentato un rapporto del Centro Studi di Cisl Vicenza sull’impatto della pandemia sull’occupazione giovanile e il risultato è davvero sconfortante: crollo delle assunzioni, forte riduzione del tasso di occupazione e aumento del divario tra contratti stabili e precari. Con un risultato netto: “si è tornati ad una situazione simile a quella della crisi di dieci anni fa”.
Il lavoro svolto da Cisl, oltre a fotografare la situazione attuale, si prefigge di fornire al sindacato dei numeri oggettivi per un’analisi della situazione aggiornata, in modo da permettere un ragionamento mirato “sulle prospettive e sulle misure necessarie per disegnare il futuro”, come ha fatto sapere il segretario provinciale, Raffaele Consiglio.
Dal rapporto emerge che nell’anno 2020, a causa della pandemia, la fascia più colpita dal calo dell’occupazione è stata quella tra i 18 e i 29 anni, con un meno 7,7%, praticamente il doppio della fascia 15-64, che si è attestata attorno al 3,8%. Neanche durante gli anni della crisi scoppiata nel 2008, si erano visti numeri tanto preoccupanti.
E anche i dati relativi alle assunzioni non sono certo consolanti, con un calo che tra il 2019 e il 2020 si è attestato attorno al 18%, con 7600 assunzioni in meno. “Non escludiamo le difficoltà delle aziende di trovare giovani preparati, ma anche su questo fronte, il problema sta nella scarsa appetibilità che hanno alcuni settori cruciali per il nostro territorio, come quello meccatronico o chimico, nei confronti dei giovani alle prese con la scelta del percorso di studi”.
Nell’analisi dei diversi settori, è poi emerso che i più colpiti dalle conseguenze della crisi pandemica, sono proprio quelli dove è più alta l’incidenza del lavoro giovanile, con un calo dell’occupazione nella ristorazione del 35,8% e nel commercio del 20,3%, dove praticamente la metà degli assunti sono sotto i trent’anni.
Per quanto riguarda le tipologie di nuovi contratti, “quasi uno su due, è a tempo determinato, (46,4%) contro il 10,5% del tempo indeterminato e il 15,6% dei contratti di apprendistato, che spesso poi si trasformano in assunzioni stabili”.
Ma ciò che preoccupa è la tendenza generale, perché dal 2008, la quota dei contratti a tempo determinato è cresciuta dell’11%, a fronte di un calo di quelli di apprendistato e a tempo indeterminato di quasi il 14%. Come ha voluto sottolineare Consiglio, “bisogna investire di più sulla formazione e sul rilancio dei settori chiave del territorio. E per questo chiediamo che su questi fronti vengano pianificati interventi con i fondi europei del Next Generation EU”.