Nella giornata in cui Cigl, Cisl e Uil hanno manifestato, in 23 città, per chiedere al Governo un maggior impegno nella soluzione delle diverse crisi e un coinvolgimento nei progetti di utilizzo dei fondi in arrivo dall’Europa, abbiamo appreso da una nota diffusa, dal Ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal, che, la categoria che ha pagato il prezzo più alto della crisi innescata dal Covid, è quella dei lavoratori cosiddetti flessibili, con contratti a termine di breve o brevissima durata. Si parla di oltre un milione di posti perduti.
Che la categoria dei lavoratori flessibili, con contratti a termine fosse la più colpita, ormai era acclarato, ma ciò che la nota ha svelato, è la diversa gradazione del disagio e l’andamento nei differenti settori.
Così chi era in possesso di un contratto più lungo, ha potuto beneficiare del blocco dei licenziamenti, almeno in parte. Ma per tutto quel mondo di lavoratori con avviamenti a giornata o a settimana, i contratti non sono neanche più arrivati.
Quindi rispetto al secondo trimestre del 2019, a fronte di 294 mila posti persi nel tempo indeterminato, per quelli a tempo determinato siamo arrivati oltre al milione.
Nelle diverse tipologie, il settore più colpito è stato quello dei Servizi in generale, ma in particolare dei pubblici esercizi, obbligati a chiudere, durante il lockdown, mentre molte imprese, magari attraverso deroghe prefettizie o protocolli particolari, sono riuscite a difendere produzione e occupazione.
Fortunatamente i dati relativi al fatturato industriale di luglio parlano di un più 8,1%, rispetto al mese precedente, quindi la tendenza positiva continua.