Da un’indagine dell’Osservatorio Hyperion, emerge che il 36,8% dei Veneti sono stanchi dei continui DPCM del governo Conte e li considerano un vero e proprio attacco alle libertà personali, una “dittature sanitaria”.
Forse, se il nostro primo ministro lasciasse legiferare il Parlamento, anziché propinarci continui decreti, riuscirebbe ad avere il polso della situazione delle aree periferiche del Paese e l’umore delle categorie economiche.
“Locali-Cenerentola che devono chiudere a mezzanotte e smartworking da portare al 70%, stanno deprimendo i teneri germogli di speranza, nati durante l’estate”.
Sul piede di guerra ci sono gli imprenditori e, in particolar modo quelli del settore turistico, già molto provati dalle conseguenze del virus e, che stavano cercando faticosamente di risollevarsi. Non capiscono, come molti del resto, la ratio dei nuovi provvedimenti, perché come fanno sapere tramite Antonello De’ Medici, referente per Confindustria Veneto: “Chi ha dimostrato di aver adottato tutti i protocolli, non dovrebbe essere penalizzato ulteriormente”.
Vincenzo Marinese, a capo di Confindustria veneziana-polesana, che vede come fumo negli occhi quell’ulteriore invito allo smartworking, (che ormai di “smart” non ha più nulla, tant’è che hanno cominciato a chiamarlo “tele-lavoro”), sostiene che questo nuovo modo di lavorare possa funzionare solo in presenza di un buon supporto tecnologico e, “conoscendo i nostri problemi di infrastrutturazione digitale, ne deriva una perdita netta di produttività”.
Per non parlare poi della perdita di valore, che stanno subendo uffici e immobili abbandonati e di quello che ormai tutti definiscono il “lockdown psicologico”, una specie di stato di pre-depressione, che porta a rintanarsi sempre di più in casa, spaventati dall’insistente terrorismo mediatico, che ci fa vivere tra incertezza e paure, a discapito dei consumi.
E, per l’economia non c’è peggior nemico della paura, che rischia di congelare la già scarsa propensione a spendere.