La Santa Sede ha chiesto “informalmente” al governo italiano di modificare il disegno di legge contro l’omofobia, denominato Ddl Zan e subito in Italia si sono aperti due fronti. Chi vede la cosa come un intervento inopportuno di un Paese straniero e chi come un’occasione per riaprire il dialogo tra i vari fronti opposti sulla questione. La Santa Sede ha infatti chiesto di “rimodulare” il ddl Zan perché, così com’è ora, potrebbe configurare una violazione del Concordato, mettendo a rischio “la piena libertà” della Chiesa cattolica.
Un appunto questo che mons. Richard Gallagher, il diplomatico vaticano che tiene i rapporti con gli Stati, ha fatto pervenire sul tavolo del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il premier Mario Draghi interverrà oggi questione in Parlamento. Un commento intanto è arrivato ieri anche dalla Presidente Ue Ursula von der Leyen: “I Trattati europei proteggono la dignità di ogni singolo essere umano e proteggono la libertà di parola, tra altri valori. E portare questi valori in equilibrio è un lavoro quotidiano nella nostra Ue”, ha detto senza fare riferimento diretto alla questione italiana.
E il mondo della politica come la vede? La maggioranza giallo-rossa difende a spada tratta la legge. Il segretario Enrico Letta però lascia anche uno spiraglio al confronto: “Siamo pronti a guardare i nodi giuridici, siamo disponibili al dialogo, ma sosteniamo l’impianto della legge che è una legge di civiltà”. Italia Viva, che ha sempre auspicato un confronto più ampio, per bocca di Ettore Rosato, manda un segnale: “Proviamo ad ascoltarle queste obiezioni di merito che sono arrivate, non solo dal mondo cattolico”.
Anche dal fronte della Lega arrivano parole nella direzione di un’apertura al dialogo: “Sul ddl Zan io sono pronto a incontrare Letta, anche domani”, dice Matteo Salvini. Una convergenza che fa scrivere ad Avvenire, il quotidiano dei vescovi: “Dal dibattito sul Concordato lo spunto per il dialogo”. La preoccupazione è che la libertà di espressione venga compressa dalle nuove norme e che “non si possa più svolgere liberamente l’azione pastorale, educativa, sociale”.
Il pensiero del Papa è anche per quelle scuole cattoliche, per i quali i genitori pagano una retta, che invece si dovrebbero “adeguare” a nuovi eventi e programmi legati all’omofobia, al gender e ad una concezione della famiglia che non coincide con quella della dottrina della Chiesa. “Certamente c’è preoccupazione nella Santa Sede”, ha confermato il card. Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici e la Famiglia.
Pronte a scendere in piazza le associazioni Lgbt: “Il tentativo esplicito e brutale è quello di sottrarre al Parlamento il dibattito sulla legge e trasformare la questione in una crisi diplomatica, mettendola nella mani del Governo Draghi per far si che tutto venga congelato”, denuncia l’Arcigay. Franco Grillini, ex parlamentare e storico esponente del movimento gay italiano, chiede invece di “abolire definitivamente” proprio il Concordato, “questo retaggio fascista. La pretesa vaticana di dettare legge all’Italia interferendo con la sua attività legislativa è irricevibile”.
Il premier Draghi non si sbilancerà sulla questione, riportando l’argomento all’attenzione del Parlamento, sede deputata del confronto. Spetterà quindi ai partiti di maggioranza trovare la giusta quadra per portare avanti la legge. Ma di certo, anche all’interno dell’Europa, non tutti hanno accettato le tematiche Lgbt senza proferir parola. Lo dimostra il no dell’Uefa allo “stadio arcobaleno” proposto dal sindaco di Monaco di Baviera per la partita Germania-Ungheria. O l’iniziativa di 13 Paesi Ue contro la legge ungherese anti Lgbtiq, alla quale si è aggiunta nella serata di ieri l’Italia.
Questa e altre questioni sociali, come quella delle unioni civili del 2016, restano ancora infuocate e sulle stesse neanche all’interno dei partiti le visioni sono sempre concordi. Il terreno è instabile e la politica sa che si deve muovere con attenzione per evitare brutti scivoloni.
Lucrezia Melissari