“La ‘nota verbale’ della Segreteria di Stato al Governo italiano in relazione al disegno di legge Zan a mio avviso non si limita ad una difesa dei diritti della Chiesa cattolica ma segnala un potenziale pericolo per la libertà di tutti i cittadini e di tutte le organizzazioni sociali e religiose“. Lo sottolinea all’Adnkronos il vescovo di Adria Rovigo mons. Pierantonio Pavanello, delegato della conferenza triveneta dei vescovi per i prossimi della famiglia.
“A scanso di equivoci è bene dire che la Chiesa cattolica non si oppone alla lotta contro la discriminazione nei confronti di omosessuali e transessuali: a tutti va garantito il rispetto ed è doveroso che la società riservi una particolare tutela giuridica a chi per pregiudizi di vario genere è esposto a offese e discriminazioni”, spiega.
“Il disegno di legge Zan, attualmente in discussione in Senato, presenta però alcune criticità, rilevate da giuristi di varia estrazione culturale (non solo cattolici) ed è oggetto di riserve anche in ambito “laico” (ad esempio una parte del movimento femminista è molto critica e ne chiede una revisione profonda) – avverte mons Pavanello -. Sono tre i punti che vengono messi in discussione: la definizione di “identità di genere” all’art.1; la libertà di espressione all’art. 4 e l’istituzione di una giornata contro l’omofobia, che dovrebbe coinvolgere tutte le scuole”.
“Particolarmente delicato è il punto che riguarda la libertà di espressione: aver esteso la tutela penale anche alle discriminazioni relative all’ ‘identità di genere’, infatti, potrebbe limitare la libertà di espressione circa principi fondamentali della visione dell’uomo propria della chiesa cattolica come la differenza sessuale tra maschio e femmina, il matrimonio come unione di un uomo e di una donna”, avverte ancora il vescovo di Adria Rovigo.
“Ad esempio affermare che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna potrebbe essere considerato una forma di discriminazione e configurare un reato penalmente perseguibile, come è già accaduto in altri paesi europei che hanno adottato una legislazione simile a quella in discussione in Italia. Accanto alla libertà di opinione va ricordata anche la libertà di educazione, che potrebbe essere compromessa se alcune iniziative come la Giornata contro la transfobia diventassero occasione per imporre a bambini e adolescenti una visione “ideologica” della persona e della sessualità”, spiega il vescovo.
“In altri termini non è in discussione la lotta doverosa contro l’omofobia e la transfobia, ma lo strumento giuridico che viene usato, in particolare il ricorso ad una categoria molto discussa e non condivisa come l’ ‘identità di genere’. Come osserva una nota della CEI dell’aprile scorso “una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna. Dunque, è necessario che un testo così importante cresca con il dialogo e non sia uno strumento che fornisca ambiguità interpretative“.
“Il sistema dei rapporti tra lo Stato italiano e le diverse confessioni religiose, delineato dagli artt. 7 e 8 della Costituzione, è un sistema di libertà: anche il Concordato con la Chiesa cattolica si colloca all’’interno di questo sistema generale. Fare appello al Concordato, come ha fatto la Segreteria di Stato, significa quindi difendere assieme alla libertà della Chiesa quella di tutti i cittadini”, conclude mons. Pavanello.