I colpi di coda di Trump, come stiamo vedendo negli ultimi giorni, non conoscono fine. E per lasciare ulteriormente il segno sulla sua politica estera, il Presidente uscente ha pensato di inserire l’isola di Cuba nella lista nera dei paesi sponsor del terrorismo. In compagnia di altri “stati-canaglia” – per usare una terminologia dell’epoca di Bush jr – quali Siria, Iran e Corea del Nord.
La decisione arriva pochi giorni dopo aver aggiunto, nella famigerata lista, anche i ribelli yemeniti Houthi. Ed è stata annunciata dal segretario di Stato, Mike Pompeo, con la giustificazione che “L’Avana fornisce ripetutamente sostegno ad atti di terrorismo internazionale garantendo un porto sicuro per i terroristi”.
La decisione è un altro, ultimo schiaffo alla politica estera a marchio Obama; che proprio nell’ultimo anno di presidenza, aveva avviato un fase di distensione con l’isola caraibica, simbolo della Guerra Fredda e della rivalità tra Stati Uniti e Fidel Castro.
Dietro alla decisione, molto simbolica, presa dall’amministrazione Trump contro Cuba, vi è in primis la questione venezuelana. L’Avana, secondo Washington, avrebbe appoggiato e sostenuto il presidente democraticamente eletto, Nicolas Maduro, a dispetto di quello scaturito dal tentato golpe filo-occidentale, Juan Guaidó.
Sul piatto, inoltre, l’asilo concesso da parte di Cuba ad un cittadino americano incriminato per l’omicidio di un poliziotto; e la mancata estradizione, verso la Colombia, di alcuni guerriglieri dell’Esercito di Liberazione Nazionale in contrasto con il nuovo corso filo-americano di Bogotà.
Cuba, sino al 1959, era comandata da Fulgencio Batista – un dittatore gradito a Washington e che aveva reso l’isola dei Caraibi una sorta di proiezione dell’America. Questa venne poi conquistata dalle milizie popolari di Fidel Castro ed Ernesto “Che” Guevara, che vi instaurarono un regime socialista inviso all’America; dalle cui coste era distante solo qualche centinaio di chilometri. Durante la presidenza Kennedy, l’Isola assurse a potenziale casus belli costituendo il momento più pericoloso dell’intera Guerra Fredda, a seguito della crisi missilistica tra Stati Uniti e Russia.
Federico Kapnist