I prezzi di alcuni ortaggi sono schizzati alle stelle, ma solo nei supermercati, mentre agli agricoltori restano le briciole. Ecco perché scegliere la filiera corta: secondo i dati Istat, relativi all’andamento dell’inflazione a gennaio 2021, i prezzi per la frutta nel carrello sono aumentati del 3%, mentre l’aumento dei prezzi alimentari è +0.8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Quello che accade sugli scaffali è il contrario di quello che accade nei campi: lo denuncia Coldiretti Rovigo affermando che da tempo c’è una vera speculazione al ribasso. Tra gli esempi che sono stati esaminati dall’Osservatorio regionale di Coldiretti, i radicchi sono pagati. È il caso di quello di Chioggia di 1^ qualità venduto poi al supermercato a 2 euro. Secondo i calcoli di Coldiretti Veneto dal campo alla tavola il radicchio moltiplica otto volte il suo valore: cosi che all’agricoltore rimane il 12.5% al trasformatore il 30% e alla grande distribuzione va il 58%.
Gli esempi di una filiera distorta sono tanti: 40 centesimi sono riconosciuti all’orticoltore per il Precoce mentre il consumatore lo paga tre volte tanto al reparto ortofrutta della Gdo. Il Rosso Tardivo vale in campagna dai 2 ai 2,5 euro al chilo ma nella borsa della spesa arriva a 6 euro. La situazione non è migliore – continua Coldiretti Veneto – per altri ortaggi tipici di stagione come le patate riconosciute al produttore a 20 centesimi e vendute a 80/90, i finocchi pagati 70 centesimi e presenti sugli scaffali a quasi 2 euro al chilo, cavolfiori a 80 centesimi nell’orto e a 2 euro in cassa. L’ondata di freddo ha inoltre un impatto sull’aumento dei costi di riscaldamento delle produzioni coltivate in serra.
“Per questo da tempo pubblicizziamo e diffondiamo la cultura dell’acquisto diretto dal produttore – commenta Carlo Salvan, presidente di Coldiretti Rovigo -. Comprando in azienda o nei mercati di Campagna Amica permette di vedere direttamente da dove arriva il prodotto, mangiare stagionale e aiutare il comparto che è in difficoltà. Abbiamo tante specialità locali, non stressate da trasporti lunghi, quindi prodotti freschi e della porta accanto”.
E conclude Salvan: “Da tempo assistiamo a questa ingiustizia, è arrivato il momento di rendere equa la catena di distribuzione degli alimenti. A pagare ogni volta le conseguenze di queste scelte sono i produttori agricoli che non riescono nemmeno a coprire i costi di produzione. Se necessario si cominci a sanzionare, sono comportamenti sleali e abusi di potere che si perpetuano da troppo tempo, bisogna controllarli, ma soprattutto fermarli”.