L’Europa attraverso la PAC, la politica agricola comune, ha stabilito che per i prossimi 25 anni, sarà vietato l’aumento delle superfici dei vigneti.
La Politica Agricola Comune che ha l’obiettivo di aiutare gli agricoltori a produrre una quantità di cibo sufficiente per l’Europa, a prezzi accessibili, proteggendoli quindi da un’eccessiva volatilità dei prezzi o da crisi del mercato, si ispira ai criteri di uno sviluppo sostenibile e con l’intento di ridurre le sperequazioni all’interno dell’Europa. È considerata una delle politiche comunitarie di maggior importanza perché impegna praticamente il 40% del bilancio dell’Unione.
Come accade spesso in questi casi, la notizia è stata accolta molto bene dai produttori di vini di pregio, con un alto valore aggiunto, ma non altrettanto dai piccoli produttori di vini generici, che speravano in una liberalizzazione e che finiranno con l’essere danneggiati dal divieto di ampliare i propri vigneti fino al 2045.
Grande giubilo nel mondo del Prosecco, dove nei territori eletti “si produce esattamente quello che serve al mercato e ulteriori espansioni non avrebbero senso”, come ha fatto sapere Giorgio Polegato, presidente di Coldiretti. E, come lui, sulla stessa linea anche Stefano Zanette, presidente del Consorzio della Doc del Prosecco, che riportando la tesi di Federdoc, la confederazione nazionale dei consorzi volontari per la tutela delle denominazioni dei vini italiani, ha ribadito: “Dobbiamo gestire la crescita della viticoltura in modo controllato, evitando che i prezzi scendano a causa del moltiplicarsi dei vigneti. Bisogna mantenere i valori economici attuali delle produzioni”.
Del resto com’è noto in Veneto i vigneti non mancano: rispetto ai dati dell’ultima vendemmia, dei 14 milioni di quintali di uva prodotta, ben 10 milioni sono Doc e Docg e circa 3 milioni di Igt, Indicazione Geografica Tipica, a conferma del fatto che nella nostra regione si lavora soprattutto sulla qualità. Come succede ormai da tempo, la parte del leone l’ha fatta il Prosecco, con oltre 4 milioni di quintali di uva prodotta, con un aumento di quasi il 20% nel quadriennio 2017/2020 e un incremento di 1,5% rispetto al 2019.
Poi ci sono molti altri che invece considerano i diritti di impianto un’inutile complicazione e che preferirebbero una programmazione più ragionata e a livello territoriale, con l’accordo dei Consorzi e dei produttori, ma questa è un’altra storia.