Un recente studio, presentato da Milena Gabanelli nel suo DataRoom, ha messo in evidenza come l’Italia risulti incredibilmente attrattiva, per tutti i grandi fondi di investimento internazionali, soprattutto nelle infrastrutture strategiche.
La ragione di questo interesse verso l’Italia, anziché verso Germania, Francia o Inghilterra, sta nei numeri, perché da noi, il divario fra i progetti in cantiere e quelli da realizzare, è molto più ampio rispetto al resto d’Europa, a causa della mancanza cronica di investimenti.
Nel nostro Paese, ogni anno, tra pubblico e privato, noi investiamo mediamente 125-130 miliardi, in infrastrutture, ma non bastano, perché da qui al 2040, è stato calcolato che, per soddisfare i bisogni reali del Paese, ci mancheranno almeno 373 miliardi, ossia 18 miliardi l’anno, di buco da colmare. Tutti i Paesi vicino a noi sono messi molto meglio, perché hanno un gap inferiore.
Quello che hanno stimato McKinsey e Ispi, è che, se noi riuscissimo a colmare questa voragine da 373 miliardi, attraverso investimenti in infrastrutture, aumenteremmo la nostra ricchezza di ben 250 miliardi, creando 2,5 milioni di posti di lavoro in più, proprio perché investire nella struttura portante del Paese, crea ricchezza e occupazione.
Secondo la stima del governo, nella nota per le infrastrutture del 6 luglio 2020, solo gli investimenti in mobilità valgono 190 miliardi, quasi l’intero Recovery Fund. Il piano riguarda un centinaio di opere prioritarie, tra treni, Tav, Cagliari-Sassari-Olbia, Liguria-Alpi e Verona-Brennero e strade, l’Autostrada del Brennero e l’itinerario Tirrenico Centro Meridionale, solo per citare le principali.
Ma abbiamo bisogno di molto altro, dagli investimenti nel sociale, alla tecnologia digitale, (in Europa siamo al 24º posto). Recuperare questo ritardo, nella Pubblica Amministrazione, secondo uno studio del Politecnico di Milano, farebbe guadagnare 25 miliardi al bilancio dello Stato.
Siamo tra i Paesi d’Europa con il più alto numero di persone anziane, ma i meno attrezzati, nella loro assistenza: a fronte di una richiesta di almeno 600mila posti letto, ne abbiamo solo 200mila. Le RSA sono da riorganizzare completamente, aumentando la presenza della gestione pubblica.
Ora avremo la grande opportunità dei fondi in arrivo dall’Europa, ma la condizione per ottenerli è subordinata a quelle riforme, che avremmo sempre dovuto fare, ma che non abbiamo mai fatto.
Le ultime raccomandazioni arrivate da Bruxelles, indicano come imprescindibili, semplificazioni della burocrazia, riduzione dei tempi della giustizia, lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, riforma del mercato del lavoro, con relativa diminuzione della tassazione, istruzione e formazione professionale, con riferimento alle competenze digitali.
Quasi metà dei maggiori fondi globali nel settore delle infrastrutture, come Macquarie, Bladkrock o Brookfile, sta pianificando di investire ancora di più in Italia, nel prossimo anno, dopo che il nostro governo si è impegnato a sveltire le procedure d’appalto, com’è successo per la ricostruzione, a tempo di record, del nuovo ponte di Genova.
Per quasi l’80% dei grandi investitori, un importante ostacolo agli investimenti infrastrutturali in Italia è rappresentato dalla nostra instabilità politica e regolatoria, per tanto, se non vigliamo perdere i soldi del Recovery, dobbiamo dimostrare di saper fare le riforme.
La scadenza è gennaio 2021, il tempo sta per finire.