Sono passati due mesi da quando i 18 pescatori di Mazara del Vallo sono ostaggio dei libici. Sequestrati e arrestati con accuse false e pretestuose, prima; incarcerati e lì lasciati, per colpe non commesse e vittime di un gioco più grande di loro, poi.
La mobilitazione dei familiari dei pescatori, è arrivata sino a Roma, dove una delegazione di questi ha sfilato davanti a Montecitorio ed è stata velocemente ricevuta dal premier, Giuseppe Conte. Che in questo momento ha però altri grattacapi per la testa e, forse, nuovi DPCM da rilasciare; prima di interessarsi di questa tragedia piccola e scomoda, lontana dall’Italia e dai palazzi del potere.
Una tragedia che però tocca da vicino le famiglie – angosciate e disperate a sapere i propri cari all’interno di un carcere libico con la minaccia di condanne abnormi – e anche i piccoli imprenditori proprietari dei pescherecci – che, oltre al dispiacere per i colleghi, affrontano anche il durissimo danno economico derivante dal sequestro delle imbarcazioni e dall’impossibilità di poter lavorare.
Gli spiragli che si stanno aprendo sulla guerra libica, e quindi una possibile tregua tra le forze di al-Serraj – leader della Tripolitania sostenuto dall’ONU e spalleggiato dall’Italia – e quelle di Haftar – generale a capo della Cirenaica, rendono la situazione forse meno nebulosa rispetto all’inizio. In cui, per aggravare la situazione dei pescatori e montare la disperazione in Italia, si era persino arrivati ad accusarli di spaccio di droga e a vociferare di uno scambio inaccettabile con criminali libici detenuti nelle carceri italiane.
Rimane il dramma umano di persone finite dentro la rete di un gioco più grande di loro; semplici pescatori che non avevano commesso alcun reato e sono rimasti impigliati nelle infime macchinazioni di un signorotto locale, Haftar. Che ha visto sfumare le possibilità di trionfare nel conflitto libico ed è costretto a questi sotterfugi per sperare di poter strappare qualche piccolo successo, per saziare la sua fame di vittoria totale oramai perduta.
Federico Kapnist