I numeri parlano chiaro: dal 2011 al 2019 il Polesine ha perso il 5,6% della popolazione. Tra denatalità e scelte di realizzare il proprio futuro altrove, sono 10.615 abitanti in meno. È il maggior calo di residenzialità in Veneto, certificato dai dati definitivi 2019 del censimento permanente della popolazione svolto dall’Istat.
Con 231.734 residenti al 1° gennaio 2020, il Polesine copre appena il 4,7% della popolazione veneta, e 20 comuni dei 50 complessivi in provincia hanno sempre registrato a ogni censimento dal 1951 al 2019, un calo di popolazione. I comuni in decrescita sistematica sono Ariano nel Polesine, Arquà Polesine, Bagnolo di Po, Bergantino, Calto, Castelguglielmo, Castelnovo Bariano, Ceneselli, Costa, Crespino, Frassinelle, Gavello, Giacciano con Baruchella, Lendinara, Melara, Papozze, Pincara, San Bellino, Trecenta e Villanova Marchesana. Pontecchio Polesine, invece, è l’unico comuneche è cresciuto.
L’età media della popolazione è di 48 anni, ma salirebbe a 49,2 anni se non si tenesse conto della popolazione straniera residente in Polesine: una terra che supera, quindi, i 45,4 anni di età media regionale e i 45,2 anni registrati a livello nazionale. Rilevante, soprattutto, l’indice di vecchiaia: il rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni e più su quella tra zero e 14 anni, infatti, è il più alto del Veneto, perché la provincia contava nel 2019 ben 243,8 anziani ogni cento giovani. Nel 2011 erano 203,2 ogni cento ragazzi tra zero e 14 anni.
Un trend che può spaventare, ma non stupire, e che certifica come la quota di popolazione in età non lavorativa (quella con meno di 15 anni e più di 65 anni) sia la seconda più alta sul territorio regionale (dietro a Belluno). Inoltre i dati sottolineano come la popolazione in età lavorativa della provincia sia la meno dinamica in termini di capacità di adattamento e sviluppo, quindi più sofferente nelle fasi di crisi economica.
Questo sviluppo demografico preoccupa, soprattutto perché in attesa dei risultati degli effetti prodotti sull’economia locale dalla pandemia di coronavirus. Dal censimento 2011 al 2019, con 10.615 residenti in meno, gli occupati in Polesine sono scesi da 103.787 a 101.141, e le “forze di lavoro” sono passate da 112.727 a 111.054: queste, in termini percentuali, nel 2011 erano il 46,5% della popolazione, mentre nel 2019 sono il 47,9% dei residenti.
Sono diminuiti i pensionati polesani, a dispetto del progressivo invecchiamento della popolazione locale: mentre nel censimento 2011 risultavano 63.532 percettori di pensioni (pari al 26,2% degli allora 242.167 residenti), negli anni si sono ridotti fino ai 54.928 del 2019, ed equivalgono al 23,7% dei residenti. Se poi nel 2011 si contavano in Polesine 12.409 studenti e 17.848 persone dedite alla cura della casa, otto anni dopo si registrano 12.994 studenti e 17.359 persone nella seconda categoria.
Il livello di istruzione provinciale è migliorato, con la marcata diminuzione degli analfabeti (erano 2.310 nel 2001 e 1.572 nel 2019) e anche degli alfabetizzati senza titolo di studio (da 17.902 a 9.929 nello stesso periodo di tempo). Per quanto riguarda le statistiche della popolazione straniera, il numero censito nel 2011, 15.845 residenti, è salito a 17.752 e così la quota sul numero complessivo di residenti è aumentata dal 6,5% al 7,7%, che sale al 9,4% nel capoluogo: una cifra comunque al di sotto della media regionale, pari al 10%.