Il panorama artistico dei primi anni Cinquanta è ricco di sfaccettature. Gli anni Sessanta sono caratterizzati dal fermento della Pop Art nella quale convergono le sperimentazioni analoghe dell’Informale in Europa e dell’Espressionismo Astratto negli Stati Uniti che si legano per affinità al movimento New Dada.
Duchamp, negli anni Venti prelevava oggetti di uso quotidiano restituendoli al pubblico sotto forma di arte. L’artista e i suoi compagni di avventura producevano collage e assemblaggi che demolivano il concetto di arte tradizionale proponendo la presenza fisica della realtà quotidiana.
La Pop Art, abbreviazione di Popular Art, nasce in Gran Bretagna nel secondo dopoguerra. Le sue basi estetiche vengono proposte per la prima volta a Londra nel 1952 dall’Indipendent Group, in particolare dal lavoro avanguardistico di Richard Hamilton e di Eduardo Paolozzi.
Secondo Valentina Zanetti in Contemporanea. Arte dal 1950 a oggi: «L’Indipendent Group, un’organizzazione ufficiosa legata alle esperienze di una compagine di intellettuali, programmava cicli di incontri, dibattiti ed eventi presso l’Institute of Contemporary Art, con lo scopo principale di cogliere i tratti di una società contemporanea sempre più intrisa di nuove tecnologie e metodi innovativi di propaganda commerciale, da cui cominciava a emergere un immaginario urbano nuovo e affascinante, caratterizzato da una società sempre più massificata, dove i media (televisione, pubblicità e giornali) e i beni di consumo stavano rubando spazio ai valori tradizionali, rendendosi, anzi, valore primario essi stessi».
Dall’ Inghilterra la Pop Art si sposta in America, dove il critico Lawrence Alloway utilizza per la prima volta nel 1958 l’espressione “popular” identificandola come una nuova forma d’arte composta da immagini anche banali legate al consumo di massa, di stereotipi, di semplificazioni, in cui i prodotti hanno più importanza degli oggetti d’arte e i fumetti sono più efficaci dei romanzi. Nel contempo si stava creando, intorno a New York, un gruppo eterogeneo di artisti giovani e anziani che davano voce concreta all’analisi sociologica di Alloway. Nel 1963, con la mostra Pop Art U.S.A nasce un periodo particolarmente florido nel quale i grandi maestri Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Jim Dine, provenienti dall’esperienza New Dada da poco conclusa, vengono affiancati dalle nuove promesse Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, Andy Warhol, James Rosenquist, George Segal e Tom Wesselmann.
La condizione dell’uomo contemporaneo è il leit motiv che accomuna tutti gli artisti del movimento creando attraverso la Pop Art un uomo concreto e sociale la cui esistenza non è più interiore ma messa in mostra, esaminando stereotipi con un certo sarcasmo. A differenza degli artisti inglesi che attraverso le loro opere cercano di raccontare una storia, la chiave di lettura degli artisti americani che risulterà quella più vincente, tende a decontestualizzarle.
La Pop Art americana scavalca quella inglese e si espande a livello mondiale, spostando definitivamente il centro del fermento artistico dall’Europa agli Stati Uniti e da Londra e Parigi a New York.
Clotilde Maria Iovino