Germania, Inghilterra, Austria, Bulgaria, Francia e Svizzera. È stato un fine settimana di proteste in diversi Paesi dell’Unione Europea; in cui una variopinta galassia di oppositori al regime delle restrizioni, ha sfilato chiedendo il ritorno alla normalità e l’abolizione delle misure anti-contagio.
Una galassia variopinta in quanto alle manifestazioni hanno sfilato veri e propri negazionisti del virus – convinti che la pandemia sia solo una montatura volta a scardinare l’attuale sistema socio-economico – e “normali” cittadini – che semplicemente ritengono sproporzionata la gravità delle misure adottate di fronte all’impatto della malattia.
Anche in Italia si è assistito a diverse manifestazioni; civilissime ed esclusivamente volte all’abolizione della famigerata DAD (Didattica A Distanza) ed alla riapertura delle scuole. Di altra portata, invece, alcune delle proteste in giro per l’Europa; specialmente a Londra e a Kessel, in Germania, dove la polizia è dovuta intervenire arrestando decine di persone.
Poco prima del weekend, giovedì, in Russia si è invece assistito ad un’imponente manifestazione per festeggiare il settimo anniversario della ritorno della Crimea all’interno della Federazione Russa. Circa 80.000 persone, all’aria aperta e per lo più senza mascherine, hanno affollato il Luzhniki Stadium di Mosca in cui ha presenziato il presidente Putin. Le immagini hanno fatto il giro del mondo e hanno fatto sognare, nonostante diverse critiche interne, un imminente ritorno alla normalità.
Prima dei russi, erano stati gli americani a lanciare un importante segnale di normalità. Con il benestare del neopresidente Joe Biden, durante l’attesissima finale del Super Bowl, lo scorso 7 febbraio, al Raymond Stadium di Tampa 25.000 persone avevano assistito alla gara; circa 1/3 della capienza massima consentita.
Federico Kapnist